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Israele: Lapid favorevole a soluzione Due Stati

Il sostegno del premier Yair Lapid alla "soluzione dei Due Stati" rappresenta una netta svolta nella politica estera israeliana degli ultimi anni. Keystone/EPA AFP POOL/RONALDO SCHEMIDT / POOL sda-ats

(Keystone-ATS) Il sostegno di Israele alla “soluzione dei Due Stati” nel conflitto con i palestinesi sarà enunciato dal premier Yair Lapid nel discorso che pronuncerà oggi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Lo hanno anticipato fonti a lui vicine citate con evidenza dai media locali, alcuni dei quali stimano che si tratti di una “svolta netta” nella politica estera israeliana degli ultimi anni.

Lapid, scrive “Haaretz”, insisterà sulla necessità di una separazione politica dai palestinesi “per rafforzare la sicurezza di Israele”.

Commenti molto negativi sono già giunti non solo dall’opposizione nazionalista, ma anche da diversi ministri.

“Lapid – ha affermato il Likud, principale partito di opposizione – vuole consegnare al nemico lembi della Terra d’Israele. Per anni Benyamin Netanyahu è riuscito a rimuovere la questione palestinese dall’agenda internazionale, e in meno di un anno Lapid ha riportato invece Abu Mazen in primo piano”.

Anche nello stesso governo di transizione guidato da Lapid (nell’imminenza delle elezioni politiche di novembre) si sono sollevate voci critiche. “Lapid rappresenta solo se stesso con questa presa di posizione”, ha avvertito la ministra degli interni Ayelet Shaked, un’esponente della destra nazional-religiosa. “Uno Stato palestinese rappresenta un pericolo per Israele”.

Anche il ministro della giustizia Gideon Saar (leader di una nuova formazione laica centrista) ha affermato che “uno Stato terroristico in Giudea-Samaria (Cisgiordania) minaccia la nostra sicurezza. La maggior parte del popolo israeliano e dei suoi rappresentanti lo impediranno”.

Colto di sorpresa e del tutto contrario alla iniziativa di Lapid anche l’ex premier Naftali Bennett: “non c’è alcuna logica di riportare a galla il progetto dello Stato palestinese. Siamo nel 2022 e non nel 1993 (anno degli accordi di Oslo, ndr). Anche i nostri amici non si aspettano da noi che facciamo compromessi sulla nostra sicurezza e sul nostro futuro”.

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