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Libia: decapitazione in stile Isis, video sul web

(Keystone-ATS) Tripolitania contro Cirenaica, milizie filo-islamiche contro forze governative, jihadisti devoti all’Isis, e una guerra per procura che riflette la spaccatura del mondo arabo sunnita. La parola ‘caos’ per la Libia sembra ormai superata: il Paese è sull’orlo del baratro.

Nel giorno in cui il “Califfo” dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, torna farsi vivo in un audio, inneggiando all’alleanza dei jihadisti del Medio Oriente, i suoi seguaci in Libia lo prendono alla lettera e in pieno “stile Isis” decapitano un ragazzo – il quarto in pochi giorni – postando per la prima volta il video dell’esecuzione sul web, anticipata, secondo copione, da un messaggio della vittima.

Uno smartphone mostra l’app SWIplus con le notizie per gli svizzeri all’estero. Accanto, un banner rosso con il testo: ‘Rimani connesso con la Svizzera’ e un invito a scaricare l’app.

Si tratta di Ahmed Muftah El-Nazihi, un giovanissimo civile, reo di aver combattuto tra le file anti-jihadisti dell’ex generale Khalifa Haftar nell’est. “Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione”, dice il ragazzo nel video secondo quanto riferisce il Times. Poi uomini incappucciati, membri di uno dei gruppi di Ansar al Sharia, portano a termine la loro barbara esecuzione, mostrando poi la testa alla telecamera.

E dopo la serie di attentati di ieri nelle città orientali simbolo del governo transitorio e del parlamento eletto – riconosciuti dalla comunità internazionale, ma illegittimi secondo Tripoli – stamani è toccato alla capitale svegliarsi nel boato delle esplosioni. Quelle di due autobomba davanti alle ambasciate di Egitto ed Emirati Arabi Uniti (Eau). “Attentati criminali e vili”, ha commentato il ministero degli Esteri del Cairo, che, già alle prese con il terrorismo interno, ha messo in dubbio “l’importanza degli appelli a un dialogo politico e nazionale con gruppi terroristici che rifiutano di deporre le armi”.

Sia Egitto che Emirati sono stati più volte accusati dalle milizie filo-islamiche che regnano a Tripoli – ma anche da funzionari Usa e fonti dello stesso governo del Cairo – di aver partecipato o sostenuto logisticamente i raid aerei sulla capitale e su Bengasi in sostegno a Haftar. Accuse e “rivelazioni alla stampa”, sempre seccamente respinte dalle autorità egiziane, mentre le forze governative accusano a loro volta il Qatar di aver fornito con un volo cargo armi e rifornimenti ai gruppi armati dell’operazione Alba (Farj Libya) di Tripoli e Misurata.

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