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Macron solo davanti alla crisi, rebus sul nuovo premier

Keystone-SDA

Il presidente francese Emmanuel Macron è più solo che mai davanti ad una delle crisi più laceranti della storia della Quinta Repubblica.

(Keystone-ATS) Dopo il ritiro del premier dimissionario, Sébastien Lecornu, in una diretta su France 2 seguita da 7 milioni di telespettatori, la palla è tornata nel campo di Macron, che si è impegnato a nominare entro venerdì sera un nuovo capo del governo per scongiurare la prospettiva di urne anticipate.

Opzione, quest’ultima, invocata come un mantra dal Rassemblement National (Rn), strafavorito nei sondaggi in caso di ritorno alle urne, e dalla sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise).

Dalla riunione dell’Eurogruppo a Lussemburgo, intanto, il ministro dimissionario dell’Economia, Roland Lescure, tenta di rassicurare mercati e osservatori internazionali: la Francia, garantisce, avrà un bilancio per il 2026. “C’è una maggioranza di parlamentari che vuole la stabilità e che concorda su una cosa: abbiamo bisogno di una manovra finanziaria e, ancora più importante, di un bilancio che rispetti gli impegni assunti con i nostri amici europei”.

Ma il tempo stringe e al momento, lungo le rive della Senna, nessuno – forse nemmeno lo stesso Macron – è in grado di dire cosa accadrà domani. Nuovo incarico a Lecornu? Apertura a sinistra con un premier socialista a Matignon? Formazione di un governo tecnico “all’italiana” con la nomina di un premier super partes in stile Mario Draghi? Riapertura del cantiere ad alto rischio della riforma previdenziale? Nella République sull’orlo della crisi di nervi, le incognite restano tante, e le risposte, al momento, difficilmente prevedibili. Unica certezza, l’Eliseo ha garantito ieri sera che il presidente deciderà entro 48 ore.

Nel totopremier della vigilia, circola intanto il nome del centrista Jean-Louis Borloo, 74 anni, ex ministro ai tempi di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, noto per il suo impegno a favore dell’Ambiente. Citato dall’agenzia France Presse, lui stesso ha tuttavia smentito seccamente, negando contatti con il campo presidenziale. Per Bruno Retailleau, il capo dei Républicains (Lr) che lunedì mattina ha fatto scuffiare il governo Lecornu a sole 14 ore dalla sua nomina, Borloo avrebbe il vantaggio di non essere “né di sinistra né macroniano”. Una delle condizioni imposte dal falco repubblicano per sostenere un futuro esecutivo. Rivolgendosi ai deputati LR, Retailleau ha poi ribadito la sua ferma opposizione ad una eventuale sospensione della riforma previdenziale, condizione invocata dai socialisti per entrare in un futuro esecutivo, magari con un premier di sinistra a Matignon. La France Insoumise (Lfi), che si spinge fino a chiedere le dimissioni di Macron, promette intanto di “sfiduciare qualsiasi governo di grande coalizione”.

Stessa musica al Rassemblement National (Rn). “Censurerò tutti i governi fino ad ottenere lo scioglimento” dell’emiciclo, avverte Marine Le Pen. “La Francia – le fa eco il presidente del partito, Jordan Bardella – ha bisogno di chiarezza, di stabilità, di una nuova maggioranza: solo un ritorno alle urne consentirà al popolo di scegliere il suo destino”. Mentre la ministra dimissionaria dell’Istruzione, Elisabeth Borne, invoca compromessi dalla “destra repubblicana al Partito socialista”. “La nostra sfida – ha detto colei che nel 2023 firmò la contestata riforma pensionistica – è uscire da una crisi politica e trovare un cammino”. La seconda economia della zona euro, ha avvertito, “non può permettersi di restare nell’impasse”.

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