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Quali argomenti depongono contro le sanzioni?

carro armato
Soldati ucraini nel novembre 2018. A causa dell'annessione della Crimea, nel 2014 l'UE ha deciso delle sanzioni contro la Russia, che la Svizzera non ha applicato. Keystone / Mykola Lazarenko

Gli Stati neutrali come la Svezia, l'Austria e la Svizzera competono tra di loro con i loro "buoni uffici". Quando possono non applicano le sanzioni internazionali perché gettano un cono d'ombra sulla loro immagine. La Svizzera ha un vantaggio decisivo nei confronti degli altri Paesi neutrali.

Durante la crisi ucraina del 2014, la Svizzera non ha applicato le sanzioni contro la Russia, nonostante avesse condannato l’annessione della Crimea. Il Consiglio federale giustificò la decisione, indicando che non voleva mettere a repentaglio la posizione della Confederazione quale mediatrice tra le parti in conflitto. In quel periodo, la Svizzera presiedeva l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE).

L’Austria applicò controvoglia le sanzioni sancite dall’UE. Quattro anni più tardi, quando numerosi Paesi europei espulsero i diplomati russi dopo l’avvelenamento dell’ex agente Sergej Skripal, l’Austria decise di far valere il suo statuto di Stato neutrale, ricordando la sua funzione di “costruttrice di ponti” e il suo ruolo di mediatrice. Ufficiosamente c’erano anche interessi economici da salvaguardare. L’Austria intrattiene intense relazioni commerciali con la Russia e l’ex ministro degli esteri era in ottimi rapporti con Putin.

Argomenti contro le sanzioni

Le sanzioni sono un argomento di discussione anche negli Stati non neutrali. Per esempio, ci si chiede spesso se questo strumento sia utile per mettere sotto pressione le autorità di un Paese o se colpisca soprattutto la popolazione civile.

Gli Stati neutrali non si limitano a valutare l’utilità delle sanzioni, ma evidenziano anche il loro ruolo di mediatori. “L’Austria vuole presentarsi come interlocutrice”, dice Elisabeth Hoffberger-Pippan, ricercatrice austriaca in ambito di sicurezza ed esperta di diritto internazionale presso l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e la sicurezza di Berlino. “Da una parte intende applicare le sanzioni, dall’altra vuole salvaguardare i buoni rapporti con la Russia. Non è proprio una decisione di politica neutrale, bensì una strategia pragmatica di cui potrebbe beneficare anche l’UE”. Una strategia che va naturalmente adeguata al quadro politico del momento. “Soprattutto in Russia, la situazione dei diritti umani è piuttosto precaria”.

In Austria si è parlato anche delle relazioni economiche con la Russia. “Vienna tenta da sempre di conciliare l’appartenenza all’UE e la lealtà nei confronti degli altri Stati membri e con il dialogo con la Russia”.

In passato, il Consiglio federale ha ricordato che le considerazioni economiche hanno la loro importanza. Nel 2014, rispondendo a un’interpellanza parlamentareCollegamento esterno, il governo svizzero ha indicato che la decisione sull’applicazione di sanzioni internazionali viene presa dopo un’analisi globale, durante la quale vengono esaminati anche gli interessi economici del Paese. “La valutazione si concentra su questioni di politica estera, diritto e politica economica internazionale e ne determina l’importanza”.

Austria e Svizzera non hanno fatto da mediatrici tra Ucraina e Russia. Tuttavia, va ricordato che il ruolo di intermediario in caso di conflitto nell’ambito dei “buoni uffici” è un argomento che fa sempre presa, anche tra la popolazione. “Una parte dell’elettorato austriaco tiene molto alla neutralità”, rileva Hoffberger-Pippan, aggiungendo che molti non sanno esattamente che cosa significhi il termine da un punto di vista giuridico dato che in politica se ne fa spesso un uso improprio. L’esperta ricorda che, per esempio, l’espulsione di diplomatici non è problematica in termini di diritto della neutralità.

Contrariamente a quando creduto in passato, le sanzioni economiche sono compatibili con la neutralità della Svizzera. Secondo la legge sugli embarghi, la Confederazione può, ma non deve, disporre misure coercitive per applicare sanzioni. La decisione spetta al Consiglio federale che è chiamato a preservare gli interessi del Paese. Unica eccezione: da quanto ha aderito all’ONU nel 2002, la Svizzera deve applicare le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Secondo un sondaggio annuale, anche in Svizzera una stragrande maggioranza della popolazione si dice favorevole alla neutralità. A far pendere l’ago della bilancia verso la non applicazione di sanzioni sono quindi anche ragioni di politica interna.

La Svizzera è in vantaggio…

Non si può certo negare che aderendo alle sanzioni internazionali la Svizzera rischia di danneggiare la sua immagine di mediatrice. È un elemento rilevante visto che non è l’unico Paese a offrire i suoi “buoni uffici”. Inoltre, Vienna e la Ginevra internazionale sono città importanti per la governance globale.

Rispetto ad altri Stati neutrali, la Confederazione ha maggiore spazio di manovra. Non fa parte dell’UE e quindi non è obbligata ad applicare le sanzioni decise da Bruxelles. Ha la possibilità di valutare da sola i pro e i contra.

Stando al ministero degli esteri svedese, la Svezia coopera “sempre incondizionatamente” con le sanzioni dell’UE. Secondo Hoffberger-Pippan, anche l’Austria si adegua sempre alle decisioni prese da Bruxelles, visto che vuole mostrarsi solidale e leale nei suoi confronti. Dopo l’avvelenamento di Alexei Nawalny, i rapporti tra l’UE e la Russia sono decisamente peggiorati.

A differenza della Svizzera, gli Stati neutrali membri dell’UE non possono semplicemente rimanere in silenzio. Per prendere delle decisioni di politica estera e di sicurezza serve l’unanimità di tutti i Paesi. Irlanda, Svezia, Austria, Finlandia e Malta devono quindi prendere posizione e indicare se l’UE deve imporre delle sanzioni. L’attuazione dettagliata richiede invece solo una maggioranza qualificata. Ciò permette ai Paesi neutrali di smarcarsi un po’ dal dibattito, anche se di regola devono applicare le sanzioni.

… e in svantaggio in termini d’immagine

La Svizzera persegue una politica della neutralità più decisa rispetto ad Austria e Svezia e per questo motivo all’estero viene considerata più neutrale. È una caratteristica che ha anche un rovescio della medaglia. La Confederazione viene spesso tacciata di opportunismo, anche a causa della sua piazza finanziaria internazionale. Si teme infatti che la piazza bancaria e commerciale elvetica possa essere usata per aggirare le sanzioni. Il Consiglio federale adotta contromisure, che a volte non bastano per dissipare tutti i dubbi.

La neutralità è quindi sia una maledizione che una benedizione per l’immagine della Svizzera all’estero.

La Svizzera non può applicare da sola delle sanzioni, ma può adottare quelle decise da organizzazioni internazionali quali l’ONU o l’OCSE o da un partner commerciale importante della Svizzera, come l’UE. “Tale limitazione non è una conseguenza della neutralità, bensì è una decisione del Consiglio federale che vuole applicare le sanzioni solo insieme a partner commerciali importanti”, spiega Jörg Künzli, esperto di diritto internazionale presso l’Università di Berna.

A differenza della Svizzera, gli Stati neutrali membri dell’UE hanno la possibilità di applicare sanzioni anche quando a Bruxelles non si è trovata un’intesa. In pratica, sono molto rari i casi in cui un Paese dell’UE agisce da solo.

Traduzione dal tedesco: Luca Beti

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