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Accordo alimentare: controllori stranieri in arrivo?

due persone versano del latte
Caseificio alpino nella "Untersten Hütte" sopra Emmetten, nel Canton Nidvaldo. Keystone / Gaetan Bally

L'intesa con l'UE sul commercio di prodotti alimentari offre all'agricoltura svizzera nuove opportunità di esportazione. Nel mondo contadino, però, l'accordo suscita anche timori.

Spaventare le contadine e i contadini svizzeri è un gioco da ragazzi: basta annunciare nuovi controlli.

Il numero di ispezioni a cui è sottoposta una normale azienda agricola svizzera ha ormai raggiunto livelli percepiti da tempo come vessatori. Il problema è noto anche alla Confederazione. Lo scorso anno, il ministro dell’agricoltura Guy Parmelin ha visitato una fattoria nel Seeland bernese e ha dichiarato ai giornalisti: “Sono qui per annunciare che vogliamo ridurre il numero di controlli”.

Da allora, a Berna si organizza una “tavola rotonda”, il rimedio universale della Confederazione alle sfide più complesse. L’obiettivo: arginare l’ondata di controlli nelle aziende agricoleCollegamento esterno.

Una fattoria, tanti ispettori

Guy Parmelin è un viticoltore e gode di una certa credibilità nel mondo agricolo. Il sistema dei controlli è ormai uscito dalla sua orbita, tanto che persino il consigliere federale sembra impotente di fronte alla sua evoluzione.

persone in un campo
Il Consiglio federale promette meno controlli: il ministro dell’agricoltura Guy Parmelin visita un campo di patate nel Seeland bernese insieme a rappresentanti dei media. Keystone / Alessandro Della Valle

Sono infatti numerose le autorità e le organizzazioni che, a intervalli irregolari, vanno di fattoria in fattoria per verificare che tutto sia in ordine. Il compito principale della Confederazione è assicurarsi che le sovvenzioni concesse alle aziende agricole siano giustificate. Il resto è in mano ad altri enti: l’elenco delle verificheCollegamento esterno è così vasto che solo il sommario occupa trenta pagine.

Oltre a ciò, un esercito di organizzazioni di certificazioneCollegamento esterno controlla che le aziende agricole affiliate rispettino gli standard prescritti. A queste si aggiungono i grandi acquirenti con le loro esigenze, ad esempio in materia di benessere degli animali nonché con un proprio assortimento di marchi.

Ispettori dell’UE nelle stalle svizzere

E in futuro? Le aziende agricole elvetiche dovranno accogliere anche i controllori dell’UE? Un articolo del “NebelspalterCollegamento esterno“, pubblicato all’inizio di luglio, lo lascia intendere: “Nel nuovo accordo alimentare, la Svizzera adotta una direttiva UE che consente a Bruxelles di effettuare controlli in tutte le aziende agricole e presso tutti i trasformatori elvetici”, scrive il settimanale.

“Nel testo vengono indicati luoghi come stalle, caseifici, macelli, serre e macellerie, ai quali gli ispettori e le ispettrici dell’UE avrebbero accesso in virtù dell’intesa”.

Da allora, la questione domina il dibattito sull’accordo sul commercio di prodotti alimentariCollegamento esterno. In precedenza, il tema rischiava di finire in secondo pianoCollegamento esterno rispetto all’intero pacchetto di accordi negoziati tra Svizzera e UE: immigrazione ed energia, economia e democrazia.

Ora però, l’immagine dei burocrati di Bruxelles che contano il numero di mosche nelle fattorie o verificano le cantine dei formaggi in Svizzera si è fissata nell’immaginario collettivo. È come una bella vignetta pronta a riaffiorare alla memoria.

L’accordo alimentare regola un mercato da 16 miliardi

Le contadine e i contadini svizzeri si trovano ora di fronte a un bivio: da una parte questo accordo offre diverse opportunità per loro. Il silenzio di fronte alla questione dimostra quanto sia difficile per il settore prendere posizione. L’Unione svizzera dei contadini, la principale organizzazione dell’agricoltura elvetica, discuterà il pacchetto di accordi il 22 ottobre. Prima di allora non rilascerà alcuna dichiarazione, in particolare sull’intesa alimentare.

È chiaro però che questo accordo ha grandi vantaggi per il mondo agrario. Prima di tutto, apre o meglio garantisce l’accesso al mercato dell’UE. Il 50% delle esportazioni agricole svizzere è destinato ai Paesi membri dell’Unione Europea, da cui proviene il 74% delle importazioni. Stiamo parlando di 16 miliardi di franchi all’anno.

“Abbiamo bisogno di questo partenariato”

Prendiamo, a titolo di esempio, il formaggio svizzero: il 40% della produzione è destinato all’esportazione, in gran parte verso l’UE. “Abbiamo bisogno di questo partenariato”, afferma Paul Meier, direttore dell’organizzazione del settore Fromarte. Di primo acchito, la sua associazione vede di buon occhio l’accordo. “Al momento non vedo perché dovremmo essere preoccupati, nemmeno per eventuali nuovi controlli”.

uomo in un caseificio
Il Gruyère è il formaggio svizzero che si esporta di più. Keystone / Jean-Christophe Bott

Interpellato sull’ipotesi di ispettori UE nelle stalle svizzere, Stephan Hagenbuch, direttore della Federazione svizzera dei produttori di latte, osserva: “Le ispezioni sono possibili anche oggi. Inoltre abbiamo già avuto verifiche da parte di ispettori russi e cinesi. In linea di principio, la Svizzera, nell’ambito degli attuali accordi bilaterali con l’UE, deve garantire l’equivalenza delle misure nel settore lattiero-caseario per poter mantenere l’accesso al mercato”.

Il principale rappresentante dei produttori e delle produttrici di latte ricorda inoltre la consultazione in corso sui Bilaterali III. Attualmente preferisce non esprimersi poiché la sua federazione non ha ancora preso posizione al riguardo.

Il potere della Svizzera rurale

Sono le aree rurali che in generale guardano con maggiore scetticismo all’UE. E sono spesso loro a fare da ago della bilancia quando in una votazione popolare è richiesta anche la maggioranza dei Cantoni. In questo modo, i Cantoni rurali hanno già smorzato diverse idee progressiste provenienti dalla Svizzera urbana.

Al momento, una chiamata alle urne sui nuovi trattati UE è, per ora, ancora ipotetica: attualmente la definizione su cosa votare e in quale forma è oggetto di un braccio di ferro tra le forze politiche del Paese. Intanto, il Consiglio federale vuole evitare una votazione in cui sia necessaria la maggioranza dei Cantoni. Per vincere, tuttavia, sarà indispensabile anche il sostegno del settore agrario. E così, alla questione sui “giudici stranieri” si aggiungerà anche quella sui “controllori stranieri”?

La risposta è no.

Almeno non nella quotidianità delle aziende agricole.

Il controllo avviene a livello amministrativo. Di che si tratta? L’Ufficio federale dell’agricoltura informa Bruxelles sulla sua attività di vigilanza e, se necessario, deve mostrare all’UE come verifica il settore agricolo svizzero.

La direttiva europea in questione prevede che il controllo UE possa essere esteso fino a un’azienda di produzione (pagina 86, articolo 116, paragrafo 3). Allo stesso tempo, però, stabilisce chiaramente che la competenza per le ispezioni resta una prerogativa del singolo Paese (sezione 15Collegamento esterno).

Speranza in una migliore protezione delle colture

Fin qui le paure. Ma l’accordo suscita anche speranze, prima fra tutte questa: un’armonizzazione degli standard produttivi potrebbe garantire alle contadine e ai contadini svizzeri un accesso più rapido a prodotti fitosanitari più efficaci o a sementi di migliore qualità.

Come ha dichiarato di recente Hans Wyss, direttore dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria (USAV), durante una riunione di frutticoltori nel Cantone di Zugo: “Stiamo cercando di valutare varie piste per accelerare l’omologazione dei prodotti fitosanitari”. Secondo un articolo pubblicato dal giornale Zuger Zeitung, Wyss ritiene che l’accordo alimentare con l’UE potrebbe allentare la pressione a lungo termine.

La situazione nel settore agricolo vegetale è difficile, tra l’altro a causa di nuovi parassiti che intaccano, ad esempio, le barbabietole da zucchero o le ciliegie. È una situazione che mette in difficoltà le autorità di omologazione.

Organizzazioni agricole: primi segnali positivi

I prodotti fitosanitari efficaci causano spesso danni collaterali, mettendo a rischio anche le api. Quelli meno incisivi sono considerati troppo deboli da alcuni produttori. Per questo motivo, di tanto in tanto, viene richiesta un’autorizzazione di emergenzaCollegamento esterno, che se accolta consente di impiegare, in maniera limitata e puntuale, pesticidi “critici”.

trattore in un campo
Un’alternativa ai pesticidi: un robot all’opera durante la rimozione delle erbacce. Keystone / Anthony Anex

Per la Comunità di interessi settore agroalimentareCollegamento esterno, “la possibilità di acquistare fertilizzanti o prodotti fitosanitari a prezzi convenienti” è uno dei motivi principali per cui è favorevole all’accordo alimentare. Questa associazione riunisce i grandi marchi agricoli come “IP Suisse” e “Bio-Suisse”, oltre ai grandi distributori e alle organizzazioni specializzate nella commercializzazione. “I moderni prodotti fitosanitari saranno così disponibili più rapidamente”, afferma il direttore Christof Dietler.

La Comunità di interessi settore agroalimentare è l’organizzazione più importante, e quasi l’unica, ad essersi espressa sull’accordo alimentare. “L’agricoltura svizzera non otterrà mai più condizioni tanto vantaggiose quanto con i Bilaterali I e II. Il nuovo pacchetto le mantiene ed è stato negoziato molto bene per l’agricoltura svizzera”, sottolinea Dietler.

Accordo sui prodotti alimentari: una giungla

Molte altre associazioni non si sono ancora espresse. L’accordo sul commercio di prodotti alimentari, infatti, non solo è importante, ma è tremendamente complesso e comprende 61 atti giuridici dell’UE che la Svizzera riprenderà in modo diretto e dinamico. A questi si aggiungono numerosi regolamenti, rimandi e riferimenti.

Bisogna quindi farsi strada attraverso una giungla normativa prima di intravedere il campo da coltivare. Ciò che dalla terra ci arriva in tavola riguarda tutti. Anche per questo, su questo accordo si finirà per decidere anche di pancia.

Qual è la vostra opinione? Partecipate al dibattito:

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Articolo a cura di Marc Leutenegger

Traduzione di Luca Beti

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