La minaccia jihadista diventa più visibile in Svizzera
Quattro arresti legati al terrorismo islamista sono stati eseguiti nelle ultime settimane nella Svizzera francese. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) dice che non c'è alcuna connessione tra questi casi. Tuttavia, un esperto mette in guardia contro la formazione di un vivaio jihadista endogeno.
Tre sospetti terroristi sono stati arrestati lo scorso fine settimana nel cantone di Vaud. Due di loro, un uomo e una donna, sono stati ammanettati sabato pomeriggio nel corso di un vistoso arresto sul parcheggio affollato di un centro commerciale di Aubonne.
Secondo la radiotelevisione pubblica svizzera RTS, nell’operazione di polizia sarebbero stati scoperti esplosivi. Un particolare, questo, non confermato ufficialmente dagli inquirenti. Queste persone avevano “la capacità di agire in tempi relativamente brevi”, ha però detto alla RTS il procuratore generale vodese Eric Cottier.
Gli arresti effettuati nel cantone di Vaud sono episodi completamente isolati, che non hanno alcun legame con l’arresto di un padre di famiglia franco-tunisino, compiuto oltre una settimana fa a Meyrin, alle porte di Ginevra, ha puntualizzato all’agenzia di stampa ATS il portavoce della procura federale, André Marty. L’uomo arrestato nel cantone di Ginevra, di professione tassista, è accusato di sostegno all’Isis e di avere reclutato e inviato in Siria dei jihadisti.
I sospetti che pesano sul franco-tunisino arrestato a Meyrin appaiono rafforzati dalla testimonianza di Mohamed Bouziz, un collega del tassista, pubblicata oggi dal quotidiano ginevrino Le Temps. “Parlava molto di religione. Era un salafita di tendenza guerriera. Sosteneva il califfato dello Stato islamico e ha usato il termine miscredente nei confronti dei musulmani normali”, afferma Mohamed Bouziz.
Il testimone si dice sorpreso che un uomo conosciuto dai servizi segreti francesi e tunisini abbia potuto stabilirsi a Meyrin e guidare un taxi per tre anni indisturbato. “Ha mandato in Siria persone che ho conosciuto. I miei colleghi ed io pensiamo che fosse pagato per ogni individuo che inviava alla jihad”, racconta.
Cresciuti in Svizzera
Pur non vedendo alcun legame tra i due casi, l’ex agente dei servizi d’intelligence svizzeri John Paul Roullier ritiene che la situazione del jihadismo stia cambiando nella Confederazione. “La novità è che non siamo più di fronte a un jihadismo importato. Si sta creando una cerchia, un vivaio jihadista elvetico. Non è più esogeno, bensì endogeno”, spiega al quotidiano Tribune de Genève.
Questo vivaio jihadista è composto di persone che sono cresciute in Svizzera, afferma Jean-Paul Rouiller. “I giovani condannati non rimarranno in carcere per vent’anni. Alcuni vedranno la luce alla fine del tunnel, altri no e prepareranno il seguito. La Svizzera entrerà allora in una dinamica sperimentata da molti altri paesi europei”, avverte.
Chi sono i jihadisti svizzeri?
Il quotidiano di Zurigo Tages-Anzeiger traccia oggi il profilo dei jihadisti partiti dalla Svizzera per andare a combattere a fianco dello Stato islamico o di Al-Qaida in Iraq e in Siria. La maggior parte dei 72 “soldati di Allah” censiti nell’inchiesta condotta dal giornale durante due anni si sono radicalizzati in piccoli gruppi chiusi, in contatto con un leader carismatico. Internet non ha svolto alcun ruolo di catalizzatore.
Un terzo di questi jihadisti ha il passaporto svizzero. Otto di loro non hanno alcun passato migratorio. Tra coloro di nazionalità straniera, i più numerosi sono i bosniaci (13). Seguono persone provenienti dall’Africa del nord (11) e dal Medio Oriente (8). Gli uomini (83%) sono nettamente più numerosi delle donne. L’età media al momento della partenza per la jihad è di 26 anni.
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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