Tunisia: sospese attività Rcd, in attesa scioglimento
(Keystone-ATS) Oltre tre settimane dopo la deposizione di Ben Ali il ministro dell’Interno tunisino ha annunciato oggi la sospensione delle attività dell’Rcd, il partito fondato dall’ex presidente, e la chiusura di tutte le sue sedi.
Apre così la strada verso lo scioglimento della formazione al potere per oltre vent’anni, simbolo della repressione e della corruzione del regime e oggetto della dura contestazione di piazza che ha portato all’estromissione dei suoi membri dal governo di transizione, escluso il primo ministro Mohammed Ghannouchi, per 11 anni premier di Ben Ali. Un provvedimento che giunge a conclusione di un fine settimana caratterizzato da nuove esplosioni di violenza e scontri in varie parti del Paese, con la morte di almeno tre persone.
La decisione è stata annunciata con un comunicato letto in tv, “per proteggere l’interesse nazionale” è stato spiegato, “evitare violazioni della legge” e “nell’attesa di presentare una ufficiale richiesta per lo scioglimento”. E rientra tra le varie misure prese in pochi giorni dal nuovo ministro del’Interno, Fahrat Rajhi, nell’intenzione di gettare la basi “credibili” per il cambiamento e la democrazia, compreso l’allontanamento di una trentina di responsabili ai vertici della Polizia ritenuti compromessi con il regime.
Da giorni il governo denuncia l’esistenza di un “complotto” per destabilizzare il processo di transizione con accuse nemmeno troppo velate di azioni di disturbo e provocazioni proprio da parte di membri dell’ex regime per creare un clima di tensione che miete ancora vittime: oggi è morto un giovane a Kebili, nel sud, dopo essere stato colpito alla testa da un candelotto di gas lacrimogeno lanciato da agenti della guardia nazionale.
A Le Kef (nord-ovest), dove ieri due giovani sono morti in scontri con la polizia, oggi migliaia di manifestanti hanno assaltato il locale posto di polizia, saccheggiandolo ed incendiandolo. Mentre il nuovo governatore di Gafsa -centro minerario nel Sud del Paese- è stato oggi costretto abbandonare la sede del governatorato scortato dall’esercito a causa della contestazione di migliaia di manifestanti contro “personaggi implicati nella corruzione” del passato regime.