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CSt: UBS-USA, approvato accordo assistenza amministrativa

(Keystone-ATS) BERNA – Il Consiglio degli Stati ha ribadito stamane, senza entusiasmo, per 31 voti a favore a 9 il proprio chiaro “sì” all’accordo d’assistenza amministrativa con gli Stati Uniti relativo all’UBS. Bocciate le proposte della sinistra di inserire nel decreto di approvazione misure per mitigare il rischio sistemico rappresentato da certe banche. Il dossier torna al Nazionale.
Benché l’approvazione dell’accordo fosse scontata, la sinistra ha tentato ancor a una volta di inserire nel decreto modifiche alla legge federale sulle banche per tener conto della problematica del “too big to fail” e altre misure per limitare i bonus.
A proposito di bonus, alcuni oratori UDC – riprendendo le dichiarazioni di Cristoph Blocher sul “Tages-Anzeiger” di oggi – si sono detti possibilisti circa la tassazione di queste remunerazioni, a patto che le due mozioni in tal senso approvate dagli Stati vengano trasformate in postulati (meno vincolanti per il Consiglio federale). La tassa dovrebbe poi colpire chi riceve i bonus, non l’impresa che li distribuisce.
Per Alain Berset (PS/FR), l’assenso della sinistra all’intesa con gli Stati Uniti dipende dall’accettazione da parte delle camere di alcune misure di accompagnamento per risolvere un vero problema.
Per Luc Recordon (Verdi/VD), l’accordo con gli USA è macchiato da un peccato originale: la clausola retroattiva, particolare che fa a pugni con i principi giuridici basilari del nostro stato di diritto. “È paradossale – ha poi aggiunto sarcasticamente l’ecologista vodese – che quegli ambienti che si sono battuti per inserire il segreto bancario nella Costituzione, siano ora pronti a vendere qualche migliaio di clienti di UBS per un piatto di lenticchie”.
Nel suo intervento a favore dell’accordo, Dick Marty (PLR/TI) non ha nascosto, come d’altronde molti oratori in sala, le pecche di questa intesa con Washington, ma ha invitato tutti a prendersi le proprie responsabilità e a finirla coi siparietti, indegni del parlamento. Pur dicendosi d’accordo con la necessità di risolvere il problema del “too big to fail”, il ticinese ha sostenuto che questo aspetto e il trattato non vanno legati, ma affrontati separatamente.
Lo stesso argomento è stato sviluppato dalla consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf che ha perorato con veemenza, a tratti venata di ironia, l’intesa, pronosticando problemi con gli Stati Uniti se l’accordo venisse bocciato dal parlamento.

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