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Immigrazione: Blocher, controlli rigorosi e non fidarsi dell'Italia

Questo contenuto è stato pubblicato il 02 marzo 2011 - 16:46
(Keystone-ATS)

Disdire immediatamente gli accordi di Schengen e Dublino, reintrodurre rigorosi controlli alle frontiere per respingere i rifugiati economici ed evitare di illudersi sulla volontà dell'Italia di rispettare i patti: questa, secondo l'ex ministro di giustizia Christoph Blocher, la ricetta giusta per far fronte al temuto arrivo in massa di persone in fuga dalle turbolenti regioni del Nord Africa.

"Schengen e Dublino non funzionano e non hanno mai funzionato: è un bel modello sulla carta, ma che nella vita reale non funziona", sostiene il vicepresidente UDC in un'intervista pubblicata dal sito online di "20 Minuten". "Lo si vede molto bene con la Grecia, dove ora non possono più essere rinviati i rifugiati economici: visto che i giovani africani lo sanno adesso arrivano in Europa tutti attraverso la Grecia".

Oppure attraverso l'Italia... "Esattamente. L'Italia si considera in tutti i casi più un paese di transito che di asilo. Il ministro di giustizia italiano me lo aveva anche esplicitamente detto a quattr'occhi quando ero consigliere federale", rivela Blocher. "Schengen non era ancora in vigore, me lo poteva dire ancora apertamente".

E ora? "Anche con Schengen la posizione degli italiani non è cambiata: ogni settimana accolgono solo pochi richiedenti l'asilo, gli altri semplicemente non li registrano. Per questo costoro si trasferiscono al nord. Per esempio in Svizzera, dove sono registrati e dove per la gran parte rimangono". Gli italiani non sono quindi partner affidabili? "Non dobbiamo illuderci: altri paesi, altri costumi", osserva il miliardario zurighese.

Per Blocher l'attuale ministra di giustizia Simonetta Sommaruga non ha la situazione sotto controllo. "Il problema più grave sono i segnali sbagliati che provengono da lei e dai suoi uffici". Ad esempio dagli uffici federali trapela il messaggio che le persone provenienti dal Nordafrica magari non potrebbero essere accolti per lavorare in Svizzera, ma che si potrebbe fornire loro una formazione: una volta terminata i paesi di provenienza si impegnerebbero a riaccoglierli. "Che illusione!", commenta l'imprenditore.

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