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Usa: Fort Hood; Obama, nessuna fede giustifica strage

Questo contenuto è stato pubblicato il 10 novembre 2009 - 21:56
(Keystone-ATS)

NEW YORK - "Nessuna fede giustifica atti omicidi come questi. Nessun Dio guarda questi atti con favore": per la seconda volta in due settimane il presidente Barack Obama si è presentato all'America nei panni del consolatore in capo per rendere oggi omaggio alle 13 vittime di Fort Hood, la peggior strage commessa in patria - e in una base militare - da un ufficiale di fede musulmana che ha ucciso i suoi commilitoni.
"Siamo in tempo di guerra, eppure loro non sono morti sul campo di battaglia", ha detto Obama a Fort Hood parlando della "logica contorta" dietro la follia omicida del maggiore Nidal Malik Hasan, lo psichiatra killer. Un mare grigioverde di diecimila persone ha accolto il presidente sulla spianata del quartier generale del Terzo Corpo d'Armata: mischiati ai soldati, ai parenti delle vittime e ai feriti, il ministro della Difesa Robert Gates, i capi degli stati maggiori Mike Mullen e George Casey, parlamentari venuti da Washington tra cui l'ex candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain, mamme e bambini.
Obama, che nella notte del 29 ottobre si era messo sull'attenti davanti alle bare di 18 caduti in Afghanistan nella base-obitorio di Dover, stavolta ha parlato sotto il sole in un memoriale strutturato come quelli che l'Esercito organizza in zone di guerra per aiutare i soldati a "voltare pagina". Sul podio sotto le gigantografie dei 13 caduti, i loro stivali da battaglia, il fucile, gli elmetti.
Accompagnato a Fort Hood dalla moglie Michelle vestita di nero, Obama ha parlato mentre sui media Usa crescono gli interrogativi su una possibile pista islamica e sul mancato coordinamento tra agenzie che hanno indotto a ignorare i campanelli d'allarme: da mesi l'intelligence sapeva di contatti e-mail tra lo sparatore Hasan e l'imam radicale Anwar al Awlaki, considerato vicino ad al Qaida, ma aveva chiuso il caso senza conseguenze.

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