USA: testimone, killer di Washington ha detto “l’ho fatto per Gaza”

"L'ho fatto per Gaza". Lo avrebbe detto l'uomo che ha ucciso due impiegati dell'ambasciata israeliana a Washington dopo aver compiuto il suo attacco, secondo quanto raccontato da un testimone all'emittente tv britannica Sky News.
(Keystone-ATS) Katie Kalisher, una designer di gioielli di 29 anni, non solo ha assistito all’attentato ma anche parlato con il killer, Elias Rodriguez, subito dopo. Si trovava al Capital Jewish Museum per ascoltare una tavola rotonda sugli aiuti umanitari a Gaza, pochi minuti prima che si sentissero degli spari all’esterno, intorno alle 21.00 ora locale.
“È entrato un uomo. Sembrava davvero angosciato e la gente gli parlava e cercava di calmarlo”, ha raccontato. “Alla fine, è venuto da me e gli abbiamo chiesto: ‘Hai bisogno d’acqua?’, ‘Stai bene?'”.
La testimone ha raccontato che il killer le ha chiesto in che tipo di museo si trovasse e quando lei ha risposto lui ha detto: “Pensi che sia per questo che l’hanno fatto?”.
Poi ha tirato fuori una kefiah rossa e ha urlato: “L’ho fatto io. L’ho fatto per Gaza”, racconta ancora la donna. “Quindi ha iniziato a gridare ‘Palestina libera’, ed è stato allora che la polizia è entrata e lo ha arrestato”. Stando all’attorney general americana Pam Bondi, “da quanto è emerso dalle indagini finora il killer ha agito da solo”.
Intanto alcuni media americani riportano che il killer poco prima di colpire ha postato una lunga lettera in cui ha criticato Israele per le “atrocità al di là di ogni descrizione” commesse contro i palestinesi. La missiva, datata 20 maggio, descrive lo stato d’animo di Elias Rodriguez.
“Dopo alcuni mesi di rapido aumento del numero delle vittime, Israele ha annullato la capacità di continuare a contare i morti. L’opinione pubblica si è rivoltata contro lo stato di apartheid genocida, e il governo americano ha semplicemente scrollato le spalle, facendo a meno dell’opinione pubblica, criminalizzandola dove può, soffocandola con blande rassicurazioni sul fatto che sta facendo tutto il possibile per contenere Israele laddove non può criminalizzare del tutto la protesta”, ha scritto Rodriguez.
Gli agenti e artificieri dell’FBI, la polizia federale, stanno perquisendo l’abitazione dell’uomo a Chicago. Sulla finestra dell’appartamento ci sono due poster: uno con su scritto “Giustizia per Wadea”, il bambino palestinese-americano di 6 anni ucciso a Chicago due anni fa; sull’altro “Tikkun Olam significa Palestina libera”, laddove Tikkun Olam è un’espressione ebraica per dire “curare il mondo”, riporta il “New York Times”.
Intanto l’ufficio del premier israeliano ha reso noto che “Benyamin Netanyahu ha avuto una conversazione telefonica con il presidente Donald Trump, che gli ha espresso profondo cordoglio per il terribile assassinio a Washington di due membri del personale dell’ambasciata israeliana”. “Il primo ministro ha ringraziato il presidente per la lotta contro l’antisemitismo negli USA”.
“I due leader hanno discusso anche della guerra a Gaza – viene aggiunto -. Trump ha espresso il suo sostegno agli obiettivi di Netanyahu: la liberazione degli ostaggi, l’eliminazione di Hamas e l’avanzamento del Piano Trump. Oltre alla necessità di impedire che l’Iran ottenga armi nucleari”.