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Architettura italiana tra disinteresse e creatività

Edificio abitativo realizzato nel 2003 a Venezia da Cino Zucchi

Esiste un'architettura contemporanea italiana e che cosa la caratterizza? Per rispondere a questo interrogativo, il Politecnico federale di Zurigo ha allestito una mostra che permette al pubblico svizzero di avvicinarsi alla realtà architettonica e culturale italiana.

“Oggi ci vestiamo un po’ ovunque allo stesso modo, a New York, come a Parigi o Roma. Anche nell’architettura si riscontra la stessa tendenza a voler costruire e abitare in maniera sempre più simile da una città all’altra, a voler riprendere modelli e stili visti in altri paesi”, afferma Alberto Alessi, curatore della mostra “Italy Now”, presentata fino al prossimo 10 luglio dal Politecnico federale di Zurigo.

“Così, nella loro ricerca, anche gli architetti italiani si sono indirizzati a quel linguaggio universale che contraddistingue ormai l’architettura in ogni parte del mondo. Oggi risulta quindi alquanto difficile parlare di architettura italiana, come può essere altrettanto difficile parlare di architettura svizzera o olandese”.

Nonostante questa difficoltà, l’architetto italiano, che insegna a Lucerna e a Ferrara, non ha esitato a raccogliere la sfida, cercando di far conoscere meglio la realtà italiana attraverso l’esposizione e un libro. Per fare questo Alessi ha selezionato una ventina di architetti molto diversi tra di loro, sia per i loro studi che per le esperienze realizzate in Italia o all’estero.

Interrogativi e confronti

“Questa mostra che non vuole essere una ‘hit parade’ del meglio dell’architettura italiana, né intende dare una visione esaustiva o definitiva di quella che è l’architettura italiana. ‘Italy Now’ è soprattutto un tentativo di rispondere con alcuni esempi a cosa voglia dire operare oggi in Italia nel campo dell’architettura, a Torino, come a Caltanisetta, Bari o Faenza”, sottolinea Alberto Alessi.

I lavori di Brenno Albrecht, Vincenzo Melluso, Nicola di Battista e degli altri architetti presentati dall’esposizione offrono innanzitutto un confronto tra l’architettura e il territorio, tra l’architettura e il contesto politico, sociale e culturale, in cui sono chiamati ad operare.

La realtà italiana viene illustrata attraverso una serie di interrogativi, ai quali gli stessi architetti scelti da Alessi sono invitati a rispondere. Ad esempio: “esiste un’architettura italiana?”, “che cosa la caratterizza?” o “cosa vuol dire fare architettura oggi?”. Dalle loro risposte, come dalle loro opere, traspare chiaramente che, oggigiorno, non si può più parlare di un’architettura italiana identificabile nel senso linguistico, ossia per le specifiche caratteristiche formali o per l’impiego di determinati materiali.

Tempi lunghi

Secondo Alberto Alessi, esistono però diversi punti in comune, legati soprattutto alle difficoltà di operare in un paese come l’Italia. Difficoltà che, nel contempo, possono costituire anche dei vantaggi.

“In Italia l’architettura si realizza in tempi molto lunghi, si potrebbe quasi dire ‘post mortem’, per fare dell’ironia. Le grandi opere progettate oggi vengono spesso ultimate 15 o 20 anni dopo. Questo svantaggio ha però anche un risvolto positivo: l’architettura viene pensata come qualcosa di più duraturo, rispetto ad altri paesi”, spiega Alberto Alessi.

“Negli Stati uniti o in Olanda, ad esempio, molte costruzioni sono concepite per durare solo pochi decenni. In Italia, se un’opera richiede 15 o 20 anni per la sua realizzazione, deve poi avere ancora una vita davanti a sé ed è quindi meno legata a situazioni sociali passeggere”.

Rigetto della tradizione

Un’altra difficoltà, secondo Alessi, è da ricercare in un certo disinteresse nei confronti dell’architettura contemporanea da parte della committenza privata, tendenzialmente interessata ad una realizzazione speculativamente redditizia, ma anche dell’opinione pubblica, in seguito all’esistenza in Italia di un immenso patrimonio architettonico storico.

“La realtà italiana è fortemente caratterizzata dall’eredità del passato: vi è generalmente l’abitudine di credere che quello che è di ieri abbia un maggiore valore rispetto a quello che si fa oggi. Lo si vede anche nell’impiego dei materiali: si privilegia spesso il marmo a terra, perché questo materiale è stato utilizzato nelle generazioni passate dalla nobiltà o dalla borghesia. E quindi assume un valore di prestigio. Il cemento a vista viene invece spesso ripudiato, come qualcosa di troppo freddo, di troppo moderno”.

Secondo Alberto Alessi, non sorprende quindi il fatto che molti architetti italiani facciano pochi riferimenti alla tradizione nelle loro ricerche architettoniche. “È emerso negli ultimi decenni una sorta di rigetto nei confronti di questa onnipresenza del passato, considerata come un elemento castrante per lo sviluppo di un’architettura moderna”.

Curiosità e ignoranza

Tanto il disinteresse quanto la volontà di rottura hanno fortemente condizionato l’architettura italiana negli ultimi decenni, favorendo nel contempo una maggiore libertà creativa e di ricerca sperimentale, come dimostra l’esposizione “Italy Now”.

“Dalle reazioni del pubblico a questa mostra si denota non poca sorpresa nei confronti delle proposte architettoniche sperimentate oggigiorno in Italia. Vi è una grande curiosità, che evidenzia però anche una certa ignoranza nei confronti dell’architettura italiana contemporanea e quindi la necessità di colmare questa lacuna”, sottolinea Alberto Alessi.

swissinfo, Armando Mombelli

In Italia circa 340’000 persone lavorano nel ramo dell’architettura e del genio civile, ossia una persona ogni 170 abitanti.

Nella Penisola si contano 118’000 architetti, 131’000 ingegneri civili e 92’000 disegnatori tecnici di architettura.

Nato nel 1964 a Caravaggio, in provincia di Bergamo, Alberto Alessi ha studiato architettura al Politecnico di Milano, al Politecnico federale di Zurigo e alla Scuola di Architettura di Parigi-Villemin.

Dal 1995 ha insegnato tra l’altro architettura al Politecnico di Zurigo, all’IED di Roma e all’Accademia di Architettura di Mendrisio.

Oggi risiede a Zurigo, dove dirige uno studio di architettura, e lavora come docente all’Università di Ferrara e alla Scuola di tecnica e architettura di Lucerna.

Autore di numerose opere architettoniche in diversi paesi e di varie pubblicazioni di architettura, Alberto Alessi ha curato la mostra “Italy Now” proposta dal Politecnico di Zurigo fino al 10 luglio e il catalogo dell’esposizione.

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