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Della Paillard-Bolex non rimane che il mito

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Cineprese Bolex, giradischi Thorens, macchine da scrivere Hermes: erano sinonimi di qualità svizzera, ora sono soltanto ricordi.

Contro la rivoluzione elettronica degli anni ’80, i meccanici di precisione della Paillard-Bolex di Yverdon non hanno potuto far niente.

Marlene Dietrich ne aveva una, e pure il Mahatma Gandhi, Berger Rudd, l’Aga Khan, Antoine di Saint-Exupéry e Fulgencio Batista. Alla fine degli anni ’30, sono in molti a possedere una cinepresa Bolex «made in Switzerland».

E con le Bolex filmano anche cineasti americani d’avanguardia come Andy Warhol, Brian de Palma e David Lynch.

La leggendaria Bolex H16 è presente ovunque si girino documentari: nella giungla, nell’Antartide o nel deserto. E perfino nei crateri dei vulcani, dove nasce «L’appuntamento con il diavolo», il celebre documentario di Haorun Tazieff.

E l’umanoide che nel film di Fredi Murer, «Swissmade», viene a visitare la Svizzera nel 2069, ha un registratore Nagra impiantato nel ventre e una cinepresa Bolex nella testa.

Ma, nella realtà, quell’umanoide avrebbe non poche difficoltà a trovare veramente una Bolex nel 2069. A meno di rubarne una in un museo, o di acquistarla in un’asta su Internet.

Dagli orologi ai grammofoni

Per farla breve: le leggendarie cineprese Bolex fanno oramai parte della storia. Perché i loro produttori, come quasi tutto il settore svizzero della meccanica di precisione, hanno subito la crisi. Anzi, la disfatta, per quanto riguarda la Paillard-Bolex.

Ovviamente, il giovane Moïse Paillard non lo può immaginare, allorché nel 1814 fonda la sua manifattura di orologi. Una manifattura che trasforma ben preso in una fabbrica di strumenti musicali meccanici. Con successo, visto che nel 1875 la Paillard conta già 50 dipendenti.

Poi, per stare al passo con i tempi, ma anche per far fronte alla crisi economica che si profilava, la ditta comincia a diversificare la produzione e a fabbricare fonografi. Ai quali seguono, all’inizio del ventesimo secolo, i primi grammofoni.

Dalla macchina da scrivere al giradischi

Vengono poi i metronomi, i temperamatite, gli accendigas, le calcolatrici e molti altri articoli. Ma i grandi successi devono ancora venire.

È solo nel 1923 che l’impresa familiare Paillard & Cie comincia a produrre in serie la macchina da scrivere Hermes, progettata una decina d’anni prima dai suoi ingegneri. La macchina riscuote un successo mondiale e la fabbrica cresce, tanto che nel 1937 dà lavoro ad un migliaio di persone.

Intanto nel 1935, con la portatile Hermes-Baby, è nato anche il primo mito della Paillard. Apprezzata da Ernest Hemingway, la piccola macchina da scrivere diventa presto una vera star nel mondo del cinema e della letteratura.

Ma la Paillard, ristrutturata e rimodernata sotto la guida dell’ingegner Edouard Thorens, padre degli omonimi giradischi, dà pure il via alla produzione di una nuova cinepresa.

Nasce la Bolex

Dopo aver acquistato da un ingegnere autodidatta la ditta Bolex, che produce apparecchi per il cinema, nel 1935 la Paillard inizia la fabbricazione in serie della leggendaria Bolex H 16.

La cinepresa diventa subito famosa, anche perché i 16 mm si affermano come sottoformato standard adatto ai professionisti, che spesso lo preferiscono al formato normale di 35 mm, sei volte più caro.

Il successo della Bolex fa ulteriormente crescere la ditta, che a metà degli anni ’60 impiega 6000 dipendenti negli stabilimenti di Yverdon e Sainte-Croix. E a livello mondiale, sono addirittura 8000 le persone che lavorano per la Paillard, la maggiore impresa industriale di quei tempi nella Svizzera francese.

Avari patriarchi

Ma il personale non è molto affezionato ai «suoi» Paillard, racconta Thomas Perret, storico presso l’Università di Neuchâtel. «Erano dei patriarchi, che lesinavano sui salari e che non ammettevano nella loro ditta né sindacati né sindacalisti.»

E sebbene non lo possa provare, lo storico suppone che proprio questa mancanza di identificazione del personale con la ditta abbia contribuito alla sua fine.

La Paillard deve dapprima sopportare, con le sue cineprese 150, 155 e 160, la concorrenza della Kodak, che ha lanciato sul mercato il formato Super 8, ideale per i dilettanti.

Gli affari però continuano a stagnare, e la Paillard-Bolex vende la maggioranza delle azioni all’austriaca Eumig, che nel 1974 ne assume il controllo.

Il colpo di grazia della rivoluzione elettronica

Ma già si va profilando «l’era dell’elettronica», con gli orologi al quarzo che portano l’industria degli orologi meccanici al tracollo e alla soppressione di decine di migliaia di posti di lavoro in Svizzera.

Poi arrivano i computer che rimpiazzano le macchine da scrivere, costringendo la Paillard a cessare, nel 1989, la produzione delle Hermes. Mentre il video dà il colpo di grazia alle cineprese meccaniche e il CD mette fine alla produzione di giradischi.

«Sony e Philips erano semplicemente più grandi e più forti», ritiene Fritz Kramer, responsabile della produzione allo stabilimento Bolex di Sainte-Croix, «e con la conduzione patriarcale della ditta, non abbiamo potuto reagire in tempo all’evoluzione del mercato».

Si è troppo insistito, insomma, sul mito della qualità svizzera. Un mito che oggi dà ancora lavoro ad un manipolo di irriducibili, che producono tuttora, su ordinazione, singoli esemplari della famosa Bolex H 16. «Una cinepresa di valore, solida e durevole, come sempre!», afferma Kramer.

swissinfo, Urs Maurer
(adattamento dal tedesco: Fabio Mariani)

L’esposizione «Les aventures d’une caméra vaudoise» al castello di Yverdon illustra fino al 16 maggio 2004 la storia delle cineprese Bolex.

La Paillard, fondata nel 1814, produce dapprima orologi. Poi, dal 1825, strumenti musicali meccanici. Seguono, alla fine del secolo, i fonografi, e poi nel 1904 i grammofoni.

Nel 1923 inizia la produzione in serie delle macchine da scrivere Hermes, e nel 1935 delle cineprese Bolex H 16, delle Hermes Baby e dei primi proiettori cinematografici.

Nel 1942 appare la prima cinepresa tascabile, la Bolex 8 mm, mentre nel 1963 la Paillard assorbe la Thorens e ne continua produzione di giradischi.

Nel 1969 la Bolex passa sotto il controllo dell’austriaca Eumig, e nel 1991 cessa la produzione delle Hermes.

Nel 2004, tre persone producono ancora a Yverdon singoli esemplari della Bolex H 16.

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