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Un film tributo ad Anna Politkovskaja

Anna Politkovskaja nel film-documentario di Eric Bergkraut. Eric Bergkraut

Cercava la verità sul terrore in Cecenia e ha pagato con la vita. Sul suo assassinio, consumato nell'ottobre del 2006, lo svizzero Eric Bergkraut ha girato un film-documentario.

“Ein Artikel zuviel – der Mord an Anna Politkowskaja” (Un articolo di troppo – L’omicidio di Anna Politkovskaja) mostra la giornalista russa come una donna forte e irriducibile nel perseguire la propria missione. Il film-documentario andrà in onda il 18 febbraio sul primo canale svizzero-tedesco SF1.

swissinfo: Oggi lei sa qualcosa in più su chi ha ucciso Anna Politkovskaja e per conto di chi?

Eric Bergkraut: La domanda su chi ha ordinato l’omicidio della giornalista è senz’altro interessante, meno quella su chi lo ha eseguito, con ogni probabilità un killer professionista.

Non so chi siano i mandanti. Ho motivo di ritenere che gli inquirenti che hanno condotto le indagini li conoscano, ma che per qualche motivo non possano menzionarli.

swissinfo: A oltre un anno di distanza, i retroscena del delitto non sono ancora stati chiariti. Quali indicazioni si possono trarre sulla Russia?

E.B.: Nel mio film cerco di non cadere nella saccenteria. È tuttavia innegabile che in Russia si stia assistendo a un rollback orchestrato dall’ex uomo del KGB, Putin.

I servizi segreti hanno riconquistato gran parte del potere perduto. Per rendersene conto basta dare un’occhiata al panorama dei media. Di giornalisti coraggiosi che scrivono la verità ce ne sono ancora, ma molti di loro sono stati costretti ad emigrare.

swissinfo: Perché Anna Politkovskaja doveva morire?

E.B.: Credo che abbia dato troppe brutte notizie al Paese. Anna Politkovskaja è stata fatta tacere perché incarnava le notizie di cui era messaggera.

swissinfo: Chi era Anna Politkovskaja?

E.B.: Ho incontrato Anna quattro volte. Non eravamo amici. L’ho trovata una persona molto eclettica. Dava l’impressione di essere molto scrupolosa e severa. A volte esplodeva in scatti di rabbia e in quei momenti poteva essere anche ingiusta.

L’ho sempre considerata una persona molto prudente e raffinata. Non credo che mi sarei interessato a una ‘macchina della politica’. Mi intrigavano i contrasti di questa donna, così colta, bella, distinta ed elegante, il suo straordinario coraggio e la sua intransigente ricerca della verità.

Sono convinto che proprio per la sua intransigenza nel pretendere la verità e il rispetto dei principi morali, da sé stessa e dalla società, Anna Politkovskaja avrebbe militato nell’opposizione anche in un Paese come il nostro.

swissinfo: Può essere definita una donna d’altri tempi?

E.B.: Certamente. L’incredibile serietà, l’ostinata ricerca della verità, ma anche la naturale disposizione ad aiutare il più debole, sono tutti tratti che fanno pensare a una persona fuori dal tempo. Lo stesso vale per la sua interpretazione del mestiere di giornalista, fortemente orientata al servizio. Ma questo non riguarda solo la Russia. Anche alle nostre latitudini, infatti, sono in molti a considerare il giornalismo un autentico servizio.

Se si vuole capire che cosa sta succedendo in Russia, occorre tenere presente che lì non esiste una società civile come in Svizzera. I russi hanno vissuto per decenni sotto il regime comunista e non sanno che cosa significhi essere rispettati dallo Stato. Al riguardo Anna aveva una concezione molto occidentale.

swissinfo: Che cosa l’ha spinta a girare il film?

E.B.: Non mi sarei sentito legittimato a farlo se non avessi avuto tra le mani circa quattro ore di pellicola girata per il mio film-documentario “Coca, la colomba della Cecenia”, nel quale compariva anche Anna. Questa fonte originale costituisce l’asse attorno al quale si sviluppa il filmato.

Il film si basa inoltre su interviste condotte all’insegna del motto: “Dimmi chi sono i tuoi amici e i tuoi nemici e ti dirò chi sei”. La protagonista si manifesta attraverso il riflesso dell’ambiente che la circonda.

Non ho svolto indagini perché avrei messo a repentaglio la mia vita senza ottenere alcun risultato. Inoltre non è questo il mio modo di lavorare.

È pericoloso girare un film su una persona che non è più tra noi, perché non è in grado di difendersi. Per avvicinarmi alla protagonista deceduta ho scelto un approccio improntato alla prudenza. Ho cercato di rimanere nella posizione di chi pone le domande, anche se le cose vengono chiamate con il loro nome e il quadro degli usi che ne emerge è davvero spaventoso.

Il film ritrae una realtà da diversi punti di vista, ma il finale è tutt’altro che vago. Insomma, è una sorta di film politico che non disdegna il lato umano.

swissinfo: Crede che il suo film andrà in onda anche in Russia?

E.B.: “Coca” è stato trasmesso in una trentina di Paesi, ma non in Russia. In ogni caso sta ancora circolando su DVD e su Internet.

Nel film sull’omicidio di Anna Politkovskaja compaiono pure alcuni ufficiali russi, anche se, a dire il vero, mi sarebbe piaciuto mostrarne di più. Abbiamo addirittura cercato di intervistare il presidente Putin. Nel 2004, ero pur sempre riuscito a incontrare l’allora ministro della giustizia. Ricordo come, gonfio d’orgoglio, aveva dichiarato che Putin aveva il pieno controllo su tutto quanto accadeva in Cecenia. Un immane disastro, visti gli orrori che vi sono stati consumati.

A proposito, l’allora ministro della giustizia oggi veste i panni del pubblico ministero incaricato di far luce sull’omicidio di Anna Politkovskaja.

swissinfo: Il suo film vuole essere anche un monito affinché quanto è accaduto e sta ancora accadendo in Cecenia non cada nell’oblio?

E.B.: La riluttanza dell’uomo a volgere lo sguardo al passato non è un fenomeno tipicamente russo-ceceno. Eppure dobbiamo guardare al passato per riuscire a superare il presente e il futuro. È una regola che vale tanto per gli Stati quanto per il singolo individuo.

swissinfo, Renat Künzi, Zurigo
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)

La giornalista russa è diventata celebre per le sue ricerche sulla guerra in Cecenia.

Durante la sua attività si è occupata soprattutto di corruzione e degli orrori commessi dai Russi nei confronti della popolazione civile cecena (assassini, rapimenti, tortura).

Accusata di denigrare il proprio Paese, è stata a più riprese minacciata di morte.

Nell’ottobre del 2006, la 48enne viene assassinata nell’ascensore della sua abitazione moscovita.

Malgrado il sollecito dei media occidentali a far rapidamente luce sull’omicidio, il nome dei mandanti rimane tutt’ora sconosciuto.

Alcuni indizi conducono ad ambienti vicini al presidente ceceno Ramsan Kadyrow.

Eric Bergkraut è al tempo stesso regista e produttore del film.

Questa doppia funzione gli garantisce la libertà creativa e artistica.

Il film-documentario andrà in onda il 18 febbraio sul canale svizzero tedesco SF1.

Il 20 febbraio sarà replicato in versione ridotta sui cantali tedeschi 3sat e ARD.

Nella versione inglese destinata alle sale cinematografiche degli USA, la voce fuori campo è affidata all’attrice Susan Sarandon, nota per il suo impegno politico.

L’anteprima è prevista il 10-11 febbraio al festival Cinema for Peace di Berlino.

Nato a Parigi nel 1957, si trasferisce in Svizzera nel 1961.

Lavora come registra, produttore, giornalista e attore diplomato.

Il suo film più famoso “Coca, la colomba della Cecenia” (2005) è un ritratto dell’attivista cecena per i diritti umani Sainap Gaschajeva.

Per questo suo film Bergkraut è stato insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il 1° International Human Rights Film Award Berlin 2007 e il premio d’onore del Marler Fernsehpreis für Menschenrechte 2007 (premio televisivo per i diritti umani assegnato dalla sezione tedesca di Amnesty International).

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