The Swiss voice in the world since 1935

Dazi Usa: stampa tira sospiro di sollievo, ma gioia smorzata

Keystone-SDA

I media elvetici esprimono soddisfazione per il risultato raggiunto ieri nella controversia doganale tra la Svizzera e gli Stati Uniti, ma non mancano i toni cauti.

(Keystone-ATS) La dichiarazione d’intenti concordata ha infatti solo carattere provvisorio e vi è incertezza su come si muoverà in futuro il presidente americano Donald Trump. E c’è anche chi parla di “inchino” e “vittoria di Pirro”.

Per i giornali del gruppo Tamedia, l’accordo che ha portato i dazi dal 39% al 15% ha “scongiurato il peggio” e migliora le condizioni per le aziende svizzere che esportano negli Usa nel prossimo futuro, le quali non saranno più svantaggiate rispetto alla concorrenza europea. La dichiarazione concordata non è però altro che un passo nella giusta direzione, ed è ancora possibile che “qualcosa vada storto”.

Allo stato attuale, essa infatti non è giuridicamente vincolante. Il Consiglio federale preparerà un mandato negoziale che sottoporrà a consultazione, poi il Parlamento dovrà dare il suo benestare. Infine, in caso di referendum, sarà il popolo ad avere l’ultima parola.

Ciononostante, l’accordo è una “liberazione”, scrive il “Blick” nel suo commento intitolato: “La Svizzera decifra il codice Trump!”. Ma – sottolinea il quotidiano – è anche una “lezione di politica”, poiché mentre la Confederazione rimaneva in silenzio, l’economia agiva “con discrezione, determinazione e propensione al rischio”.

Le aziende, prosegue la testata svizzerotedesca, hanno infatti ottenuto ciò che i consiglieri federali non sono riusciti a fare: un appuntamento nello Studio Ovale. “Trump, che ha difficoltà con i ministri, ha ricevuto il business club svizzero, ha ascoltato, ha accettato i regali e ha mostrato buona volontà”. Gli imprenditori hanno agito nel proprio interesse, ma allo stesso tempo hanno difeso quelli del Paese, sintetizza il “Blick”.

Tuttavia, la gioia per l’accordo sulle tariffe doganali “è offuscata”, placa gli entusiasmi la “Neue Zürcher Zeitung”. Il 15% è ancora molto più alto della media del 3% in vigore all’inizio dell’anno. In più, permane l’elevata incertezza su quali siano i prossimi piani di Trump. “La Confederazione dovrebbe curare le relazioni con l’amministrazione statunitense in modo più coordinato e in accordo con l’economia, così da poterle sfruttare rapidamente in caso di divergenze”, consiglia il giornale.

I titoli di CH Media si chiedono dal canto loro perché la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, che in estate era attivamente coinvolta nei negoziati e nella comunicazione, ieri non fosse presente alla conferenza stampa. Gli americani non volevano più vederla dopo la fatidica telefonata con Trump? “Non credo”, ha risposto il consigliere federale Guy Parmelin, incalzato sull’argomento.

In ogni caso, a uscire bene dalla vicenda è proprio il ministro dell’economia, che, secondo un commento pubblicato dalla SRF sul suo sito, “è riuscito laddove Keller-Sutter aveva fallito”. Tra il vodese e il rappresentante al Commercio statunitense Jamieson Greer sembra essersi instaurata una buona chimica. “Parmelin, che negli ultimi anni è stato sempre un po’ sottovalutato, e talvolta persino deriso, nella Svizzera tedesca, è improvvisamente diventato l’uomo forte del governo”, si legge nel commento.

La stampa romanda rimarca da parte sua come il prezzo da pagare per raggiungere un’intesa sia stato elevato. Pur rallegrandosi dell’abbassamento dei dazi, “24 heures” e “Tribune de Genève” parlano di “inchino”: a “dettare le regole”, come tutti già sapevano ma la Svizzera ha faticato a comprendere, è infatti Donald Trump. I quotidiani non mancano peraltro di ricordare “i passi falsi diplomatici” compiuti dall’esecutivo.

Sulla stessa lunghezza d’onda “Le Temps”, stando al quale “bisogna saper gioire” perché ora le aziende svizzere combatteranno “ad armi pari” con i loro vicini europei. Tuttavia, l’accordo è “tutt’altro che perfetto” e non cancellerà “l’umiliazione di agosto”.

Malgrado tale “affronto” sia stato riparato, si tratta di “una vittoria di Pirro”, osserva “La Liberté”. Per la testata friburghese, Trump, fiducioso della propria forza, ha preso in giro sin dall’inizio il Consiglio federale, “che non ha avuto altra scelta che tornare al tavolo delle trattative, sopportando tormenti e scherni”. Il promesso investimento di 200 miliardi di dollari negli Usa entro il 2028 “comporterà inevitabilmente trasferimenti di posti di lavoro Oltreoceano”.

ArcInfo mette invece mano alla calcolatrice e fa notare che in realtà i dazi saranno non del 15%, bensì del 27%. Questo perché, nel frattempo, si è presentato un altro ostacolo per gli esportatori, ovvero il franco forte. Con l’attuale tasso di cambio, un dollaro vale 0,80 franchi, rispetto agli 0,90 di marzo: in otto mesi, un prodotto svizzero è quindi diventato più caro negli Stati Uniti del 12%, riassume il media neocastellano.

Un aspetto questo su cui si concentra anche il “Corriere del Ticino”, che rileva come a causa della forza del franco e della debolezza delle valute della concorrenza europea e giapponese, persista un dannoso sovrapprezzo per i prodotti elvetici. L’intesa raggiunta rappresenta una “*boccata d’ossigeno”, ma non cancella le incertezze che gravano sul futuro dell’industria svizzera, scrive il quotidiano.

Per “laRegione”, il “deal” crea una certa sicurezza, ma numerose questioni restano aperte: dalla strada spianata all’importazione di carne agli ormoni e pollo al cloro “made in Usa”, alla pressione al ribasso sui prezzi dei farmaci con cui sarà presto confrontata l’industria farmaceutica, passando per l’accennata astensione dall’imporre tasse sui servizi digitali. Tutti punti oscuri che prima o poi andranno chiariti, avverte il giornale sopracenerino.

Articoli più popolari

I più discussi

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR