Cosa aspettarsi dalla diplomazia climatica della Svizzera alla COP30
In vista della conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP30) che si apre la settimana prossima a Belém, in Brasile, la Svizzera sta inviando segnali contrastanti riguardo al suo impegno nella diplomazia climatica.
Sei mesi dopo il crollo di un ghiacciaio che ha devastato il villaggio di Blatten, evidenziando gli effetti del cambiamento climatico in Svizzera, una delegazione negoziale si appresta a lasciare Berna in direzione di Belém, in Brasile, per partecipare alla conferenza COP30 sul clima. Mentre le priorità nazionali e la geopolitica internazionale sono in piena evoluzione, la Svizzera coglierà l’opportunità di assumere un ruolo guida?
Il crollo del ghiacciaio e la conseguente frana che ha travolto Blatten sono soltanto una delle catastrofi climatiche avvenute nel mondo quest’anno. Tra le altre, molto più devastanti, ci sono gli incendi in California, un uragano di categoria 5 che negli scorsi giorni ha colpito la Giamaica e piogge monsoniche mortali in Pakistan, Nepal e India che hanno sfollato milioni di personeCollegamento esterno.
I costi dei danni climatici sono tra i più alti mai registratiCollegamento esterno: 145 miliardi di dollari (116 miliardi di franchi) solo nel primo semestre del 2025, secondo il riassicuratore Swiss Re. L’Organizzazione meteorologica mondiale ha previsto che l’aumento medio della temperatura globale supererà il limite di 1,5°C fissato dalle Nazioni Unite entro la fine del decennio, aggravando ulteriormente gli effetti del cambiamento climatico.
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Eppure, con l’avvicinarsi del prossimo vertice globale sul clima, la maggior parte dei Paesi sviluppati non sta riducendo le emissioni in modo sufficiente da rallentare il riscaldamento globale. Non sta nemmeno rispettando le scadenze per la presentazione dei nuovi obiettivi climatici, né aumentando i finanziamenti per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare le catastrofi.
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Obiettivi e scadenze
Con gli Stati Uniti che hanno affermato – di nuovo – di abbandonare i negoziati sul clima delle Nazioni Unite, e con l’Europa concentrata sulla guerra in Ucraina e l’ascesa della politica populista, molti si chiedono chi assumerà la leadership diplomatica necessaria per promuovere l’azione climatica.
Dopo che pochissimi Paesi hanno presentato i loro piani di riduzione delle emissioni, detti NDC (contributi determinati a livello nazionale), entro la scadenza originaria del 10 febbraio, il termine è stato prorogato alla fine di settembre. Eppure, finora, solo un terzoCollegamento esterno degli Stati firmatari dell’Accordo di Parigi – che ha fissato l’obiettivo di 1,5°C – ha presentato i propri target aggiornati.
La Svizzera è stata tra i primi Paesi a presentare i propri NDC, in gennaio. L’obiettivo principale è una riduzione del 65% delle emissioni entro il 2035 rispetto ai livelli del 1990.
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La Cina – la nazione che produce più emissioni di gas serra al mondo – ha invece atteso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA), l’ultimo evento globale sul clima prima della COP30, per annunciareCollegamento esterno informalmente l’intenzione di ridurre le emissioni del 7-10% rispetto ai livelli di picco entro il 2035 – ben al di sotto delle aspettative.
L’Unione Europea, da parte sua, ha raggiunto il 5 novembre un compromesso dell’ultimo minuto sugli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra: un taglio compreso tra il 66,25% e il 72,5% entro il 2035 e una riduzione del 90% entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990.
Prima dell’UNGA, associazioni della società civile svizzera hanno visto un’opportunità, di fronte all’inerzia globale, per spingere la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter ad assumere un ruolo guida sulla scena internazionale. Alliance Sud, un’organizzazione ombrello di diverse ONG svizzere, ha affermato che sebbene l’NDC della Svizzera non fosse sufficientemente ambizioso, il suo annuncio precoce le conferisce “la credibilità per chiedere agli altri Stati di presentare i loro NDC”.
Sébastien Duyck del Centro internazionale per il diritto ambientale (CIEL), una ong con sedi a Ginevra e Washington – non affiliata ad Alliance Sud – considera questo momento come un banco di prova. “Con gli Stati Uniti che si tirano nuovamente indietro, è fondamentale che altri si facciano avanti e dimostrino che i Governi responsabili prendono sul serio la scienza e l’azione climatica”, afferma.
“La Svizzera ha una solida tradizione di leadership ambientale a livello internazionale e di difesa delle decisioni basate sulla scienza”, sottolinea Duyck, che esorta la Confederazione a sostenere le votazioni a maggioranza alla conferenza sul clima di Belém, come ha già fatto in passato per l’ambiente, al fine di superare gli stalli nei negoziati.
Alla 30esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP30Collegamento esterno) che si tiene dal 10 al 21 novembre a Belém, in Brasile, rappresentanti di quasi 200 Stati discuteranno dell’attuazione e dell’evoluzione dell’Accordo di Parigi, concluso nel 2015.
Al centro dei negoziati ci saranno l’adattamento ai cambiamenti climatici, il sostegno finanziario ai Paesi più poveri e vulnerabili e soprattutto gli obiettivi nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra.
La Svizzera si impegnerà affinché tutte le nazioni presentino nuovi obiettivi di riduzione ambiziosi, ha detto l’ambasciatore svizzero dell’ambiente Felix Wertli a Keystone-ATS. Si tratta di fare il punto su ciò che è stato realizzato finora nell’ambito dell’Accordo di Parigi e di identificare gli sforzi necessari per colmare il divario rispetto all’obiettivo di 1,5°C, ha aggiunto.
Tra le priorità della Svizzera c’è anche l’attuazione, da parte di tutti i Paesi, delle raccomandazioni della COP28: triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, come pure rinunciare al carbone, al petrolio e al gas entro il 2050. Inoltre, secondo Wertli, la delegazione elvetica si impegnerà a rafforzare gli investimenti internazionali nella protezione del clima e a coinvolgere maggiormente il settore privato.
Fonte: Keystone-ATS
Da Glasgow a Belém
All’inizio dell’anno, la delegazione negoziale svizzera ha partecipato attivamente ai colloqui ambientali, inclusi quelli a Ginevra per un trattato sulla plastica, dove hanno spinto per introdurre divieti. Ha presenziato anche ai colloqui dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO), dove ha sostenuto la riduzione delle emissioni nel trasporto marittimo.
Alla COP26 di Glasgow nel 2021, l’allora ministra dell’ambiente svizzera Simonetta Sommaruga ha tentato di contrastare pubblicamente un intervento dell’ultimo minuto da parte dell’India, volto a bloccare le richieste di riduzione graduale dell’uso di combustibili fossili. A differenza di molti altri ministri e ministre, Sommaruga era rimasta per gran parte dell’ultima settimana della conferenza per garantire un accordo più solido, facendo campagna su temi quali le regole per evitare il doppio conteggio delle compensazioni delle emissioni nei Paesi terzi.
All’UNGA di settembre, tuttavia, la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter aveva scelto di lasciare New York prima del vertice di alto livello. Ha menzionato il clima solo di sfuggita nel suo discorso all’assemblea, incentrato sul ruolo del multilateralismoCollegamento esterno come chiave per affrontare le sfide globali, tra cui il clima, la migrazione e la “transizione digitale”.
Un portavoce dell’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) ha spiegato che il negoziatore svizzero per il clima, Felix Wertli, che era atteso al vertice su clima di New York come rappresentante del Governo, “alla fine non ha parlato a causa di problemi di pianificazione”.
“Non è una priorità per le autorità svizzere,” afferma a Swissinfo David Knecht dell’ong Azione quaresimale, parte di Alliance Sud. Knecht rileva che non è prevista una presenza di Keller-Sutter a Belém, aggiungendo che, sebbene la delegazione svizzera sia stata attiva quest’anno nei colloqui sulla plastica e presso l’IMO, l’impegno a livello ministeriale è stato più debole. “Manca la volontà politica. È una questione di agenda personale e di priorità. Questo toglie credibilità alla Svizzera come forza trainante nella diplomazia ambientale.”
Il responsabile del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, Albert Rösti, che sarà presente a Belém, ha subito critiche dopo la sua nomina nel 2022 a causa del suo precedente ruolo come lobbista dell’industria dei combustibili fossili. La Svizzera è uno dei principali centri mondiali del commercio di petrolio, con circa un terzo dei combustibili fossili mondiali scambiati nel Paese alpino.
La voce di un piccolo Paese
Durante un recente incontro con i media sul ruolo della Svizzera alla COP30, Felix Wertli ha dichiarato a Swissinfo che la delegazione è stata in stretto contatto con i Paesi del proprio gruppo negoziale – l’Environmental Integrity Group, che include Messico, Corea del Sud, Georgia, Liechtenstein e Monaco – e anche con altri Stati. Ha affermato che, in questo “momento decisivo”, anche la presenza del ministro è significativa. “Pur essendo un Paese relativamente piccolo, riusciamo a far sentire la nostra voce e a promuovere decisioni che rafforzano il sistema [dell’Accordo di Parigi].”
La delegazione svizzera ha inoltre contattato regolarmente i singoli Paesi nell’UE e altrove per sollecitare la presentazione rapida dei loro obiettivi climatici, in modo da allinearsi all’obiettivo di 1,5°C, ha aggiunto Wertli.
A Belém, la Svizzera presenterà nuovi partenariati in un meccanismo di compensazione nell’ambito dell’Accordo di Parigi (Articolo 6), di cui ha fatto da apripista. Questo sistema consente di sottoscrivere accordi bilaterali con Paesi in via di sviluppo per compensare le emissioni di carbonio. La Svizzera prevede di compensare circa un terzo delle sue emissioni tramite crediti di carbonio internazionali.
Alla COP30, la delegazione elvetica lancerà inoltre un’iniziativa chiamata “Article 6 Ambition Alliance” per promuovere l’uso dell’Articolo 6 come strumento per aumentare le ambizioni climatiche.
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Margini di miglioramento
La Svizzera, nel frattempo, è oggetto di critiche perché privilegia la compensazione delle emissioni rispetto alla loro riduzione diretta. “Poiché gli impatti climatici colpiscono sempre più le comunità svizzere, il Governo deve adottare e attuare misure che riducano efficacemente le emissioni in conformità con le indicazioni scientifiche,” afferma Sébastien Duyck del CIEL.
Uno studioCollegamento esterno del 2024 condotto da Alliance Sud ha rilevato che l’accordo bilaterale con il Ghana ha sovrastimato la quantità di emissioni effettivamente compensate.
Alcune ong evidenziano anche conflitti economici. Sostengono che i flussi finanziari gestiti in Svizzera dovrebbero essere più compatibili con gli impegni internazionali. L’associazione Public Eye stima che i prodotti fossili venduti da società elvetiche di trading energetico abbiano generato emissioni 100 volte superioriCollegamento esterno rispetto a quelle prodotte internamente dal Paese.
“La credibilità della Svizzera come leader climatico dipende dall’allineamento tra l’azione interna e gli impegni internazionali,” sostiene Duyck. “I recenti passi indietro nelle politiche climatiche settoriali minano questa leadership.”
Non ci sono studenti modello
In risposta alla decisione del Brasile di lanciare delle trivellazioni petrolifere vicino alla foce del Rio delle Amazzoni, Wertli ha messo in discussione il tempismo dell’annuncio, ma ha ammesso che la situazione reale per molti Paesi è complessa.
“Tutti gli Stati riconoscono la necessità di agire e si stanno preparando al cambiamento climatico”, ha detto. “Non esiste uno studente modello, perché tutti sono in transizione dal punto di vista economico e sociale.”
Wertli ha aggiunto che il ruolo della COP è quello di fornire “segnali e misure” per permettere ai Paesi di intensificare l’azione climatica e accelerare l’attuazione dei piani di decarbonizzazione.
A cura di Tony Barrett
Tradotto con il supporto dell’IA/lj
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