Il Cile al voto tra estrema destra e nuovi comunisti
Dopo anni di alternanza tra centrodestra e centrosinistra il pendolo della politica in Cile oscilla oggi tra estremi sempre più lontani.
(Keystone-ATS) Secondo quanto indicano i sondaggi, dal primo turno delle presidenziali emergerà, per la prima volta dal ritorno della democrazia, un ballottaggio tra una candidata del Partito Comunista e un esponente dell’estrema destra nostalgica della dittatura di Pinochet.
Sono lontani i tempi delle buone relazioni tra la progressista moderata Michelle Bachelet e l’affabile conservatore Sebastián Piñera. Il programma politico di ampliamento dei diritti sociali della sinistra, rappresentata da Jeannette Jara, è sempre più divergente da quello di un’estrema destra dura che ha imposto la sicurezza come tema predominante dell’agenda politica e che non si vergogna nel rivendicare le gesta dei uno dei governi più oscuri della storia latinoamericana.
“Se oggi fosse vivo Pinochet voterebbe per me”, aveva dichiarato il candidato ultraconservatore del Partito Repubblicano, José Kast, nella campagna per le presidenziali del 2021. E giunto al suo terzo tentativo di insediarsi nel palazzo de ‘La Moneda’, Kast ora promette mano dura come ai vecchi tempi contro la delinquenza e l’immigrazione clandestina.
È lui il favorito nei sondaggi tra i candidati della destra tra i quali figurano anche il nazionalista libertario Johannes Kaiser – che pure rivendica come “necessari” i crimini commessi dalla dittatura che governò il Paese fino al 1990 – e la moderata Evelyn Matthei, dell’Unione Democratica Indipendente (Udi), che per non stonare promette adesso ai criminali “carcere o cimitero”.
Secondo Kaiser l’arrivo di Pinochet “ha salvato il Cile dal trasformarsi in quello che è oggi il Venezuela”. I sondaggi non lo danno molto indietro a Kast, e potrebbe essere lui la vera sorpresa di queste elezioni. Ma se non dovesse arrivare al ballottaggio ha assicurato domenica che sosterrà “qualsiasi candidato che si opponga al comunismo di Jara”.
Con scarse probabilità di passare il primo turno in gara ci sono anche gli outsider Franco Parisi, del populista Partido de la Gente, il giornalista ed ex presidente della Federcalcio cilena Harold Mayne-Nicholls il progressista indipendente, Marco Enríquez-Ominami, e il leader del Partito Proletario, Eduardo Artés.
Sul risultato di domenica pesa ad ogni modo l’incognita del voto obbligatorio. Per la prima volta dal 2012 le elezioni presidenziali del Cile si terranno con questo sistema e gli esperti stimano che l’affluenza potrebbe quasi raddoppiare rispetto alla tornata del 2021, con un incremento di oltre 5 milioni di elettori.
Secondo il direttore del Centro di Politiche Pubbliche della Universidad del Desarrollo, Gonzalo Müller, intervistato dall’agenzia italiana Ansa, “esiste una chiara correlazione tra l’introduzione del voto obbligatorio e uno spostamento piuttosto evidente dell’elettorato verso settori conservatori o di destra”. “I nuovi elettori rappresentano poco più del 30% degli aventi diritto, un volume di voti in grado di cambiare completamente la dinamica delle elezioni”, avverte Müller.