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Rogatoria italiana per mons. Scarano accusato di riciclaggio

(Keystone-ATS) Una richiesta di assistenza giudiziaria è giunta a Berna dall’Italia in relazione a monsignor Nunzio Scarano, ex capocontabile della Santa Sede. Il prelato 61enne è accusato nel suo paese di corruzione e riciclaggio.

“Ci è giunta una rogatoria dalla Procura di Salerno”, ha indicato oggi all’ats un funzionario dell’Ufficio federale di giustizia (UFG), confermando una notizia pubblicata nell’edizione online dal settimanale economico “Handelszeitung” in edicola domani. Il funzionario ha precisato che questa è la sola richiesta d’assistenza giudiziaria relativa a Scarano pervenuta finora dall’Italia e ha aggiunto che se ne sta occupando il Ministero pubblico della Confederazione.

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Il caso Scarano è scoppiato a fine giugno con l’arresto del monsignore, responsabile – nel frattempo sospeso – del servizio di contabilità analitica dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), l’organismo che gestisce i beni del Vaticano.

Monsignor Scarano, ex impiegato di banca fattosi prete a 35 anni, è stato arrestato il 28 giugno nel quadro di accertamenti della Procura di Roma sul fallito tentativo di far rientrare dalla Svizzera in Italia 20 milioni di euro in contanti per conto degli armatori Paolo, Cesare e Maurizio D’Amico di Salerno, sua città d’origine, soldi quasi certamente frutto di evasione fiscale.

Insieme a Scarano sono stati arrestati due presunti complici, l’ex agente dei servizi segreti Giovanni Zito e il broker attivo anche in Svizzera Giovanni Carenzio. La quinta sezione penale del tribunale di Roma ha fissato al 3 dicembre il processo a carico dei tre. I reati ipotizzati nell’inchiesta vanno da concorso in corruzione, esportazione all’estero di valuta, violazione delle leggi fiscali e corruzione.

La Procura di Salerno, città in cui mons. Scarano è nato, conduce dal canto suo un’inchiesta per riciclaggio relativa a una vicenda di presunte donazioni fittizie che sarebbero servite a mascherare un maxi riciclaggio ruotante proprio intorno alla figura del monsignore.

L’attività di indagine prosegue nei confronti degli armatori D’Amico che, secondo quanto emerso dalle indagini, erano i titolari della somma depositata in una banca di Lugano, che doveva essere riportata in Italia a bordo di un aereo privato con l’aiuto ben retribuito di Zito, il quale era in grado di organizzare il trasporto dei soldi eludendo i controlli aeroportuali. L’operazione non riuscì perché il broker Carenzio, cui erano affidati i soldi degli armatori, all’ultimo momento non consegnò il denaro.

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