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Suu Kyi libera: “ora uniti per democrazia”, mondo esulta

(Keystone-ATS) RANGOON – Libera senza condizioni, per l’estasi di una folla accorsa di fronte a casa sua: Aung San Suu Kyi è stata rilasciata oggi a Rangoon dopo sette anni di arresti domiciliari, senza temuti colpi di scena da parte del regime birmano, e ha esortato subito i suoi sostenitori a “lavorare uniti per raggiungere il nostro obiettivo”.
Un momento altamente simbolico che è stato accolto con felicità dalla comunità internazionale e che ridà speranza a molti birmani, una settimana dopo elezioni-farsa con cui il regime si è dato una facciata democratica.
La giunta militare – che non ha ancora commentato pubblicamente – ha liberato il premio Nobel per la Pace proprio alla scadenza dell’ultima estensione della sua prigionia, inflitta dopo la breve ospitalità data nel maggio 2009 a un intruso americano. Poco dopo le 17 (le 11.30 in Svizzera), alcuni funzionari hanno letto a Suu Kyi l’ordine di liberazione.
Le barricate erette attorno alla residenza di University Avenue sono state tolte, lasciando che alcune migliaia di sostenitori – in attesa fin dall’alba – si riversassero davanti alla villa-prigione, scandendo cori in onore dell’icona della dissidenza.
“La Signora” – visibilmente commossa – è comparsa poco dopo, accolta da un boato. Per quasi mezz’ora ha cercato di parlare da sopra il cancello, ma il fragore della folla era tale da impedirle di farlo. Messasi nei capelli un fiore donatole da un sostenitore, con poche parole ha poi fatto capire di voler rimanere attiva: “Non vi vedo da così tanto, abbiamo molte cose da dirci. Quando è tempo di parlare, non rimanete in silenzio”, ha detto alla folla festante, invitandola poi a riabbracciarla domani a mezzogiorno alla sede della sua Lega nazionale per la democrazia (Nld), dove terrà un comizio. Poi è rientrata in casa, per riunirsi con gli altri vertici del partito.
Prigioniera per 15 degli ultimi 21 anni, e in passato vittima di restrizioni negli spostamenti nel Paese anche nei periodi di libertà, Suu Kyi, 65 anni, aveva detto che avrebbe rifiutato qualsiasi condizione al suo rilascio. Mentre fonti del Nld fanno capire che il regime ha tentato anche questa volta di porre delle regole, un funzionario anonimo ha però confidato che la donna è “completamente libera”. La tv di stato, riducendo la notizia al minimo indispensabile, ha spiegato che la prigioniera Suu Kyi è stata rilasciata “per buona condotta”.
La liberazione è stata accolta con sollievo e parole di giubilo da tutta la comunità occidentale a partire dal presidente statunitense Barack Obama, che ha chiamato Suu Kyi “la mia eroina”, esortando però la giunta militare a rilasciare anche gli altri 2.200 prigionieri politici. Un appello condiviso anche dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha definito la donna “un esempio per il mondo intero”.
È un primo passo, ma non è detto che sarà seguito da altre aperture da parte della giunta militare, fortemente criticata per le elezioni – le prime dal 1990 – con cui si è appena assicurata un ampio controllo del futuro Parlamento, i cui reali poteri rimangono comunque tutti da verificare. Se rimarrà isolato, il rilascio di Suu Kyi non sarà probabilmente sufficiente per portare a un allentamento delle sanzioni economiche da parte dell’Occidente. Il regime può contare comunque su cospicui investimenti – in un Paese dove un terzo degli abitanti vive sotto la soglia di povertà – da parte dei vicini asiatici, a partire dalla Cina, interessati specialmente alle sue vaste risorse naturali.
All’orizzonte rimangono diverse incognite, a cominciare dal ruolo e dall’atteggiamento che adotterà l’unica vera icona nazionale per un popolo stremato dopo 48 anni di dittatura, fino ai giochi di potere interni a una giunta anziana (il generalissimo Than Shwe ha 77 anni) e impenetrabile. Oggi e domani, intanto, in Birmania molti festeggeranno un evento atteso da anni.

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