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WWF: classifica ambientale delle marche di abbigliamento

Il negozio di Tally Weijl a Zurigo. L'azienda è tra le peggiori nella speciale classifica stilata da WWF (foto d'archivio) KEYSTONE/CHRISTIAN BEUTLER sda-ats

(Keystone-ATS) Dodici marche di abbigliamento sono state giudicate da WWF Svizzera in base al loro impegno a favore dell’ambiente. H&M figura al primo posto, mentre Tally Weijl è ultima nella graduatoria.

La classifica spazia da “ritardatari/non trasparenti” a “visionari”. “I risultati dimostrano che nessuna delle imprese interrogate può essere classificata come visionaria”, precisa il rapporto. Nella categoria “ambiziosi” rientra solo H&M. Nike, adidas e Mammut si trovano nella “fascia intermedia superiore” mentre VF Corporation (The North Face, Timberland, etc.), Hugo Boss, Odlo e Calida sono nella “fascia intermedia inferiore”. Agli ultimi posti, nella categoria “ritardatari/non trasparenti”, Triumph, Chicorée, PKZ e Tally Weijl.

I dati sono stati analizzati da oekom research, un’agenzia specializzata nel settore degli investimenti duraturi. Il WWF ha scelto 60 criteri sui 100 proposti dagli specialisti, raggruppandoli per temi: politica ambientale e management, trasporto merci, scelta delle materie prime, consumo di acqua e possibilità, riciclaggio dei prodotti chimici utilizzati e rispetto dei diritti umani.

Le informazioni analizzate provengono dalle compagnie stesse, dai media, dagli istituti di ricerca e da organizzazioni non governative. Le imprese intervistate avevano anche la possibilità di commentare i risultati e fornire informazioni complementari.

Più della metà delle aziende non adotta praticamente alcuna misura per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, precisa il WWF. Molte utilizzano materie prime non sostenibili e utilizzano eccessive quantità d’acqua che vengono inquinate. Tra il 2000 e il 2014, il consumo mondiale di articoli di abbigliamento è raddoppiato per raggiungere 5 chili pro capite all’anno in media mondiale e 16 chili pro capite in Europa e negli USA. Probabilmente il fabbisogno continuerà ad aumentare e di conseguenza anche le ripercussioni sull’ambiente, afferma l’associazione ambientalista che invita le imprese del settore a ridurre l’impatto ecologico e i consumatori a limitare l’acquisto di vestiario.

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