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Industrie armamento vogliono esportare in paesi in guerra civile

Isidor Baumann. KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Le aziende svizzere attive nel settore degli armamenti vorrebbero poter esportare anche nei paesi dove è in corso “un conflitto armato interno”. Lo richiedono in una lettera alla Commissione di politica di sicurezza del Consiglio degli Stati (CPS-S).

Quest’ultima ha invitato i rappresentanti del ramo per un colloquio in proposito venerdì prossimo, ha riferito all’ats Isidor Baumann (PPD/UR), presidente della commissione, confermando quanto riportato oggi dai quotidiani Tages-Anzeiger e Der Bund.

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Nella lettera, inviata il 26 settembre alla CPS-S, “ditte note che sono attive negli armamenti e che forniscono anche l’esercito svizzero” chiedono per le loro esportazioni condizioni equivalenti a quelle della concorrenza europea, ha indicato Baumann, senza voler precisare il nome delle società.

Secondo il Tages-Anzeiger e Der Bund sono complessivamente 13 le aziende e i fornitori per l’industria bellica che hanno avanzato la richiesta. Fra di esse vengono citate Ruag, Mowag, Thales e Systems Assembling di Boudry (NE).

I vari imprenditori argomentano la richiesta con la situazione economica “precaria” nella quale si trova il settore, che offre migliaia di posti di lavoro. La sua esistenza sarebbe “in serio pericolo”. Le aziende si lamentano inoltre che gli acquisti dell’esercito svizzero, ridotto di taglia, sono diminuiti.

Baumann replica che si tratta di una verità parziale, poiché il budget dell’armata elvetica è sempre di 5 miliardi di franchi. Occorre poi vedere chi e perché riceve le commesse: se le ditte indigene o quelle estere.

Secondo dati della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), dopo gli elevati livelli del 2011, a circa 873 milioni di franchi, l’export elvetico di materiale bellico è crollato, per arrivare a 412 milioni nel 2016 e nei primo nove mesi di quest’anno a 254 milioni. Un motivo di questa evoluzione sarebbe stato il cambiamento di politica del Consiglio federale nel rilascio delle autorizzazioni, diventata più restrittiva rispetto ai paesi dell’UE che esportano armi anche in paesi dove è in corso “un conflitto armato interno”. Bund e Tages-Anzeiger citano ad esempio Qatar, Giordania e Pakistan.

La CPS-S ha recepito il grido d’allarme del ramo degli armamenti e nell’ultima seduta del 18 e 19 ottobre ha deciso di farsi informare meglio da una delegazione del settore industriale in questione. In seguito – ha detto Baumann – si vedrà il da farsi. Se la commissione riterrà che ci sia necessità di intervenire allora potrebbe fare pressione sul Consiglio Federale con una mozione.

Negli ultimi anni – secondo i quotidiani – nell’esecutivo federale ci sono state aspre discussioni riguardo all’esportazione di armamenti. I due esponenti socialisti e il liberale radicale Didier Burkhalter si sono opposti ad un allentamento delle regole di export; si sono invece espressi a favore il ministro Johann Schneider-Ammann, pure del PLR, e i due UDC; mentre la PPD Doris Leuthard è stata l’ago della bilancia a seconda dei casi. Ora, con l’elezione in governo di Ignazio Cassis, l’industria elvetica degli armamenti auspica che egli la veda diversamente dal collega di partito Burkhalter.

Dal canto suo, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE/GSoA) mette in guardia contro un allentamento della restrizioni alla vendita all’estero di materiale bellico: fornire armi a paesi dove c’è guerra civile aumenta il rischio che esse finiscano in mano a gruppi terroristi. Ne sono un esempio – sottolinea il GSsE in un comunicato odierno – i blindati Mowag usati da Boko Haram, le bombe a mano di Ruag usate da attentatori dell’ISIS e le munizioni svizzere presenti sul teatro della guerra civile siriana.

Inoltre ciò contrasta profondamente con “il tentativo della diplomazia elvetica di risolvere i conflitti senza uso della violenza”. “Fornire armi non porta alla fine di una guerra, ma al contrario acuisce la situazione”, afferma.

Secondo il rapporto pubblicato in febbraio dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri) la Svizzera si piazza al 14esimo rango tra i più grandi esportatori di armi.

In base alle cifre pubblicate in maggio dalla SECO, la Svizzera ha esportato materiale bellico per un valore di 166,6 milioni di franchi nel primo semestre 2017, il 25% in meno rispetto a un anno prima. Il più grande importatore rimane la Germania, che ha acquistato armi svizzere per circa 42,2 milioni di franchi (+3). Seguono Sudafrica (25,4 milioni), Brasile (20 milioni) e Stati Uniti (14 milioni).

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