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Libia: morte Gheddafi infiamma piazze protesta araba

(Keystone-ATS) Dallo Yemen alla Siria, e persino nella relativamente tranquilla Giordania, la notizia della morte del colonnello libico Muammar Gheddafi infiamma le piazze e dà ancor maggiore vigore alla protesta.

“Gheddafi è finito. Ora è il tuo turno, Bashar!”, hanno gridato i dimostranti nella città di Maaret al-Numaan, nelle provincia nordorientale di Idlib in Siria, dove anche oggi migliaia di dimostranti sono tornati nelle strade per chiedere la fine del regime del presidente Bashar al Assad. E anche oggi la repressione è stata sanguinosa, con un bilancio di almeno 19 civili, tra cui un bambino di 8 anni, uccisi in tutto il Paese, secondo gli attivisti anti-regime.

“Ali, tocca a te, a te e a Bashar”, hanno fatto eco decine di migliaia di manifestanti dell’opposizione yemenita scesi nelle strade di Sanaa per chiedere che il presidente Ali Abdallah Saleh lasci il potere dopo 33 anni.

Anche in Giordania, dove gli oppositori non mettono in discussione la figura del re Abdallah, ma chiedono riforme costituzionali che ne limitino i poteri nella nomina dei governi, migliaia di manifestanti di gruppi islamici, attivisti di sinistra e leader tribali sono tornati a scendere in piazza, tra pesanti misure di sicurezza.

In Iraq centinaia di giovani sostenitori del leader radicale sciita Moqtada Sadr hanno inscenato una manifestazione di giubilo a Khalis, nei pressi di Baquba, una cinquantina di chilometri a nord-est di Baghdad, per la fine di colui che accusano tra l’altro di avere ucciso l’Imam sciita irano-libanese Mussa Sadr nel 1978. Anche il primo ministro Nuri al Maliki ha fatto le sue “congratulazioni” al popolo libico e al Consiglio di transizione nazionale, mettendo però in guardia i libici dal cadere nella trappola delle divisioni intestine come quelle che dopo la caduta di Saddam Hussein hanno provocato decine di migliaia di morti in Iraq.

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