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Libia: decapitazione in stile Isis, video sul web

Questo contenuto è stato pubblicato il 13 novembre 2014 - 20:41
(Keystone-ATS)

Tripolitania contro Cirenaica, milizie filo-islamiche contro forze governative, jihadisti devoti all'Isis, e una guerra per procura che riflette la spaccatura del mondo arabo sunnita. La parola 'caos' per la Libia sembra ormai superata: il Paese è sull'orlo del baratro.

Nel giorno in cui il "Califfo" dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, torna farsi vivo in un audio, inneggiando all'alleanza dei jihadisti del Medio Oriente, i suoi seguaci in Libia lo prendono alla lettera e in pieno "stile Isis" decapitano un ragazzo - il quarto in pochi giorni - postando per la prima volta il video dell'esecuzione sul web, anticipata, secondo copione, da un messaggio della vittima.

Si tratta di Ahmed Muftah El-Nazihi, un giovanissimo civile, reo di aver combattuto tra le file anti-jihadisti dell'ex generale Khalifa Haftar nell'est. "Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione", dice il ragazzo nel video secondo quanto riferisce il Times. Poi uomini incappucciati, membri di uno dei gruppi di Ansar al Sharia, portano a termine la loro barbara esecuzione, mostrando poi la testa alla telecamera.

E dopo la serie di attentati di ieri nelle città orientali simbolo del governo transitorio e del parlamento eletto - riconosciuti dalla comunità internazionale, ma illegittimi secondo Tripoli - stamani è toccato alla capitale svegliarsi nel boato delle esplosioni. Quelle di due autobomba davanti alle ambasciate di Egitto ed Emirati Arabi Uniti (Eau). "Attentati criminali e vili", ha commentato il ministero degli Esteri del Cairo, che, già alle prese con il terrorismo interno, ha messo in dubbio "l'importanza degli appelli a un dialogo politico e nazionale con gruppi terroristici che rifiutano di deporre le armi".

Sia Egitto che Emirati sono stati più volte accusati dalle milizie filo-islamiche che regnano a Tripoli - ma anche da funzionari Usa e fonti dello stesso governo del Cairo - di aver partecipato o sostenuto logisticamente i raid aerei sulla capitale e su Bengasi in sostegno a Haftar. Accuse e "rivelazioni alla stampa", sempre seccamente respinte dalle autorità egiziane, mentre le forze governative accusano a loro volta il Qatar di aver fornito con un volo cargo armi e rifornimenti ai gruppi armati dell'operazione Alba (Farj Libya) di Tripoli e Misurata.

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