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Mobbing: Consiglio federale non vuole una norma penale ad hoc

(Keystone-ATS) Il mobbing, ovvero la violenza psicologica sul posto di lavoro, è un problema serio, ma non sarà risolto con la creazione di una nuova norma penale. Il Consiglio federale propone pertanto al plenum di respingere una mozione in tal senso del consigliere nazionale Oskar Freysinger (UDC/VS) co-firmata da una trentina di colleghi fra cui il deputato della Lega dei Ticinesi Norman Gobbi.

Secondo il deputato vallesano occorre completare il codice penale, affinché l’autore di mobbing sia punito con una pena detentiva massima di tre anni o con una pena pecuniaria. Una caratteristica di tale violenza è infatti la non ammissione dell’aggressione da parte dell’autore e, più spesso, da parte di superiori e colleghi che temono di perdere il loro impiego.

Per Freysinger e i co-firmatari, in assenza di una norma penale la collettività non intraprende alcuna azione reale di prevenzione e si assume le conseguenze del comportamento di un aggressore che nessuno persegue penalmente e che è dunque a rischio di recidiva.

Le ripercussioni del mobbing sulla salute della vittima e i costi per l’impresa e l’economia sono notevoli, riconosce il governo nella sua risposta. Tuttavia, il codice delle obbligazioni impone già al datore di lavoro di proteggere la personalità dei loro impiegati e adottare misure adeguate a tal fine.

Anche la legge federale sulla parità dei sessi garantisce protezione dal mobbing. Sebbene il codice penale non contempli una norma specifica sulla violenza psicologica sul posto di lavoro, esso contiene già numerose norme che puniscono i comportamenti che rientrano nel concetto di mobbing, precisa ancora il Consiglio federale.

Il governo giudica pertanto inutile creare una nuova norma penale e reputa più opportuno combattere il mobbing con la prevenzione piuttosto che con la repressione.

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