Non svantaggiare chi ricorre a personale avventizio
Le imprese che si avvalgono di collaboratori su chiamata non devono essere sfavorite, nell'aggiudicazione di appalti pubblici, rispetto alle società che impiegano personale fisso. Ne è convinta la commissione dell'economia e tributi del Consiglio nazionale (CET-N) che raccomanda (17 voti a 7) al plenum di respingere un'iniziativa parlamentare di Marina Carobbio Guscetti (PS/TI).
Stando alla consigliera nazionale socialista, indica una nota odierna dei servizi parlamentari, nell'aggiudicare un appalto al miglior offerente come prevede la legge federale sugli acquisti pubblici il ricorso a personale avventizio andrebbe considerato un criterio penalizzante.
A detta della deputata ticinese, infatti, le società che si "avvalgono di personale a chiamata (...) possono offrire servizi a prezzi inferiori perché, scaricando i propri rischi imprenditoriali sulle spalle dei lavoratori, approfittano di costi salariali più bassi rispetto a quelli di cui devono farsi carico le imprese che impiegano personale fisso. Ne risulta una distorsione della concorrenza e conseguenze indesiderate a livello politico e sociale".
Oltre al rispetto delle disposizioni in materia di protezione del lavoro, delle condizioni di lavoro della manodopera e della parità tra uomo e donna in ambito salariale, Carobbio chiede quindi che si tenga conto anche di questo aspetto.
Per la CET-N, il diritto in materia di acquisti pubblici non è invece "idoneo per disciplinare la tematica del lavoro a chiamata". Inoltre, se "l'iniziativa fosse attuata nel rispetto degli impegni internazionali – segnatamente in conformità all’OMC –, ciò potrebbe penalizzare le imprese svizzere nei confronti della concorrenza estera".
Una minoranza della Commissione proporrà di dare seguito all'iniziativa. A suo parere, infatti, "il lavoro a chiamata crea condizioni di lavoro precarie, incrementando in tal modo il ricorso all'aiuto sociale da parte dei lavoratori".