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Siria: arresti e città sotto assedio, ma opposizione non cede

(Keystone-ATS) Arresti di massa, città circondate da migliaia di truppe e decine di carri armati: cresce il timore di una nuova ondata di repressione ad opera del governo siriano in vista del prossimo venerdì di preghiera. A denunciarlo sono testimoni locali, attivisti e militanti che però assicurano che, sebbene siano circa “500 gli arresti compiuti ogni giorno dal regime”, la “rivoluzione continuera”.

Oggi, secondo quanto riportato da alcuni residenti, una trentina di carri armati e una settantina di mezzi di trasporto con 1.500-2.000 soldati dell’esercito siriano sono stati schierati attorno alla città di Homs. I veicoli militari, secondo i testimoni, hanno preso posizione alle porte della città di Rastan, a nord di Homs nonchè circa 15 km a Sud della città industriale del centro della Siria, teatro di scontri fra manifestanti anti-regime e forze di sicurezza. Inoltre, secondo altri attivisti, il regime ha rafforzato l’assedio della città costiera di Banias, nel Nord-Ovest del Paese.

Intanto il direttore esecutivo dell’organizzazione di difesa dei diritti dell’uomo ‘Insan’, Wissan Tarif, ha denunciato che il numero delle persone “detenute potrebbe superare le 8 mila unita” pur ammettendo di poter “confermare”, sinora, il fermo di “2.843 persone”. E ora in molti rischiano severe condanne. “Centinaia di siriani sono stati accusati “di aver danneggiato il prestigio dello Stato” e rischiano una pena fino a tre anni di carcere, denunciano i militanti. Che però non hanno alcuna intenzione di cedere il passo.

“Le nostre manifestazioni pacifiche continueranno finchè non otterremo la nostra libertà”, è la promessa dei comitati di coordinamento delle dimostrazioni. E, mentre Bashar al Assad – secondo alcune dichiarazioni comparse sul quotidiano Al Watan – ha assicurato che la missione militare a Daraa “terminerà molto presto”, in serata il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in un colloquio con il presidente siriano, ha chiesto a Damasco di cooperare con una commissione di inchiesta del Consiglio dei diritti dell’uomo ribadendo il suo appello “a una fine immediata delle violenze e degli arresti di massa nei confronti di pacifici manifestanti”.

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