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USA: battuta d’arresto per riforma sanitaria Obama

(Keystone-ATS) Una corte d’appello federale ha inferto ieri un duro colpo alla riforma sanitaria fortemente voluta dal presidente Barack Obama, tanto da essere denominata “obamacare”: i giudici hanno stabilito che il Congresso, nell’approvare la legge lo scorso anno, ha esercitato un eccesso di autorità in almeno una parte del provvedimento, che pertanto è incostituzionale.

In particolare, si tratta di quel passaggio che stabilisce che di fatto tutti gli americani devono avere un’assicurazione sanitaria, altrimenti possono incorrere in sanzioni. È il cosiddetto “mandato individuale”, che è di fatto uno dei pilastri della legge. Così facendo la Corte d’appello, ad Atlanta, si è schierata accanto a 26 Stati che avevano tentato di bloccare la legge, che viceversa i giudici di Atlanta non hanno interamente giudicato incostituzionale.

La prima reazione dell’Amministrazione è arrivata tramite Stephanie Cutter, una assistente del presidente Obama, che in un comunicato ha espresso “totale disaccordo” con la decisione della Corte d’appello di Atlanta. Si tratta, ha affermato la Cutter, di una “delle molte decisioni” del genere “che vedremo nelle prossime settimane e mesi”, ma “che non terrà”, perché “alla fine siamo fiduciosi che la legge verrà giudicata come costituzionale”.

È evidente il riferimento alla delibera che ora sembra spettare inevitabilmente alla Corte Suprema. Una decisione scontata, secondo la Cutter, perché “gli individui che scelgono di non dotarsi di una assicurazione sanitaria assumono una decisione economica che ha effetto su tutti noi”, perché “quando qualcuno senza assicurazione ottiene assistenza sanitaria che non può pagare” il conto poi ricade sui contribuenti.

I 26 Stati e tutti coloro che si oppongono alla legge, che dovrebbe entrare in vigore nel 2014, sostengono invece che essa viola i diritti personali e in un certo modo la decisione della Corte d’appello ha dato loro ragione proprio nell’aspetto che considerano fondamentale e fondante.

Qualora dovesse intervenire la Corte Suprema, come ormai sembra pressoché certo, una decisione finale non verrà comunque presa prima di metà dell’anno prossimo, ovvero solo pochi mesi prima delle elezioni presidenziali, nel periodo in cui la campagna elettorale e la battaglia tra democratici e repubblicani sarà a pieno regime.

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