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Una calma apparente

ingresso chiuso con il cemento
Da qualche parte dietro questo cancello si nasconde un pericolo insidioso: l'ingresso principale al deposito di munizioni.

Nel 1947 esplose un deposito di munizioni a Mitholz, nell'Oberland bernese. Per lungo tempo si è creduto che il magazzino non rappresentasse più alcun rischio per la popolazione. Lo scorso inverno è arrivata la doccia fredda per gli abitanti del villaggio. Il Dipartimento federale della difesa ha comunicato loro che dovranno lasciare le loro case per un decennio. Come affronta questa situazione chi è cresciuto nella località bernese? 

Case e fattorie punteggiano i prati del villaggio di Mitholz. Un paesaggio da cartolina nell’Oberland bernese rovinato soltanto dal rumore del traffico. È un idillio apparente, visto che nel 2030, i 170 abitanti del paese dovranno andarsene per dieci anni per permettere all’esercito di sgomberare i residui di munizioni contenuti nell’ex deposito.

Dove ti vedi tra dieci anni? Una domanda che viene spesso posta ai candidati durante un colloquio di assunzione, a cui è difficile rispondere. Non così per la popolazione di Mitholz: in dieci anni dovranno lasciare il loro villaggio che fino al 2040 diventerà un paese fantasma.

Mitholz übersicht
La “Fluh”, il pendio presso Mitholz, porta i segni dell’esplosione. Gennaio 1948. Schweizerisches Bundesarchiv

A stravolgere le loro vite è una catastrofe, occorsa più di 70 anni fa, di cui la maggior parte degli abitanti ha solo sentito parlare. Durante la Seconda guerra mondiale, l’esercito realizzò un deposito sotterraneo per immagazzinare materiale bellico. Il 19 dicembre 1947, al suo interno esplosero circa 3000 tonnellate di munizioni ed esplosivi. Il “Chnütsch”, come viene ricordato l’evento nel dialetto locale, è stato per lungo tempo la più grande esplosione non nucleare al mondo. La detonazione causò la morte di nove persone.

Per lungo tempo si è ritenuto che non sussistesse più alcun rischio per la popolazione. Invece, l’ultimo inverno il Dipartimento federale della difesa ha comunicato che il paese di Mitholz doveva essere evacuato per dieci anni. Nel 2030, gli abitanti dovranno trasferirsi altrove per permettere lo sgombero completo delle munizioni. Prima, però, si devono effettuare vari lavori di preparazione, soprattutto per mettere in sicurezza la strada. Dopo l’intervento, gli abitanti potranno ritornare nelle loro case e dormire sonni tranquilli. Ma nel 2040, il villaggio di Mitholz esisterà ancora?

Il Dipartimento federale della difesa è disposto ad acquistare le case, probabilmente con un diritto di prelazione per i discendenti degli attuali proprietari. Molti dettagli vanno però ancora chiariti nei prossimi anni. Quanto verranno pagate le case? Le famiglie disporranno del denaro necessario per acquistare un’abitazione altrove? Infatti, a Mitholz i prezzi degli immobili sono inferiori rispetto a quelli nei paesi vicini.

ritratto di donna

Annelies Grossen, 50 anni, giardiniera e consigliera comunale di Frutigen

“Povero piccolo villaggio” ha scritto Annelies Grossen su uno dei vari fascicoli che si è portata al nostro incontro in un ristorante a Mitholz, l’ultimo ancora aperto. È il titolo di una vecchia poesia che in versi cerca di esprimere ciò che il villaggio bernese dovette vivere nel 1947.

Grossen abita nel vicino paese di Frutigen, ma è cresciuta a Mitholz e con la sua catastrofe. Sua madre perse vari fratelli e sorelle e la nonna a causa dell’esplosione. «Mia nonna ha portato al sicuro la nipote di tre anni. Voleva ritornare in casa per salvare anche gli altri, ma poi le fiamme hanno avvolto ogni cosa. Il marito ha assistito alla scena mentre si trovava in una cascina al di sopra del deposito di munizioni”.

L’esplosione è stato un evento che ha segnato la vita della sua famiglia, anche se ciascuno ha sofferto in silenzio. A scuola e nel villaggio non se ne parlava quasi mai. Nel 1997, a cinquant’anni dalla catastrofe, la mamma di Grossen, che allora faceva parte del Consiglio comunale, ha promosso in collaborazione con gli altri membri dell’esecutivo una commemorazione ufficiale. Per l’occasione si sono raccolti documenti, mappe e fotografie del tragico evento; materiale che Grossen si è portata al nostro incontro. Le immagini mostrano militari impegnati nella ricerca di superstiti, sopravvissuti all’esplosione e la partecipazione ai funerali dei capi dell’esercito, tra cui anche il generale Guisan, una presenza che significò molto per chi dovette rifarsi una vita.

parete rocciosa
La roccia più chiara indica la parete sopra l’ingresso al deposito di munizioni franata nel 1947.

L’esplosione suscitò l’interesse dei media di mezzo mondo, anche dei giornali di Boston che riferirono della tragedia a distanza di giorni. Anche la conferenza stampa indetta dalle autorità elvetiche si svolse tre giorni dopo l’esplosione. “Oggi, i tempi sarebbero decisamente diversi e sul posto interverrebbero squadre per fornire assistenza psicologica. Negli anni Quaranta ognuno era abbandonato a sé stesso”.

Gli automobilisti di passaggio non notano la piccola fontana commemorativa. “Ma per gli abitanti di Mitholz questo posto ha un enorme valore simbolico. Il 19 dicembre accendiamo sempre una candela. Prima se ne occupava mia madre. Adesso è un impegno che ci siamo assunte io e una vicina”, dice Grossen che sperava di organizzare un’altra commemorazione in occasione del 75esimo anniversario della tragedia, anche per “lasciarsela alle spalle, per consegnarla alla storia”. Il 18 giugno 2018 i suoi piani sono stati però stravolti.

Da allora si sa che il deposito è un pericolo per la popolazione di Mitholz. “Dall’esplosione del 1947 nelle parti crollate dell’impianto e nel cono detritico antistante giacciono ancora circa 3500 tonnellate lorde di munizioni contenenti diverse centinaia di tonnellate di esplosivo”, si legge nel comunicato del Dipartimento federale della difesa. Una quantità di bombe pari a quella saltata in aria nel 1947, in quella che all’epoca venne definita come l’esplosione non nucleare più grande al mondo.

Altri sviluppi

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Le foto storiche illustrano le conseguenze dell’esplosione

Questo contenuto è stato pubblicato al L’esplosione mandò in frantumi una parte della parete rocciosa sopra Mitholz, lasciando un segno indelebile. L’evento suscitò l’attenzione dei media di mezzo mondo. La deflagrazione venne descritta come la più grande esplosione non nucleare al mondo. In Svizzera si lanciò una raccolta fondi per gli abitanti del villaggio dell’Oberland bernese, grazie a cui fu possibile…

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Grossen ricorda che la gente era consapevole del pericolo rappresentato dalle cariche inesplose nel terreno. “Ma nessuno poteva certo immaginare l’entità del pericolo. Con il passare del tempo ci si è resi conto che la montagna conteneva una carica altamente esplosiva. Il problema principale non sono le grandi bombe, bensì quelle piccole che potrebbero innescare una reazione a catena”. Grossen, giardiniera e impegnata politicamente a livello locale per il Partito dei verdi liberali, parla come un’esperta di esplosivi.

La giardiniera e politica locale dei Verdi liberali parla come un’esperta di esplosivi.

A Mitholz, il passato torna in superficie e il futuro ha bisogno di risposte. “Alcuni avrebbero preferito non conoscere la verità”, dice Grossen. “Ci sono famiglie che non hanno parlato d’altro per mesi. Altre intendono occuparsi del loro futuro quando saranno chiarite le prossime tappe”.

Ritratto di uomo

Grossen ricorda che la gente era consapevole del pericolo rappresentato dalle cariche inesplose nel terreno. “Ma nessuno poteva certo immaginare l’entità del pericolo. Con il passare del tempo ci si è resi conto che la montagna conteneva una carica altamente esplosiva. Il problema principale non sono le grandi bombe, bensì quelle piccole che potrebbero innescare una reazione a catena”. Grossen, giardiniera e impegnata politicamente a livello locale per il Partito dei verdi liberali, parla come un’esperta di esplosivi.

A Mitholz, il passato torna in superficie e il futuro ha bisogno di risposte. “Alcuni avrebbero preferito non conoscere la verità”, dice Grossen. “Ci sono famiglie che non hanno parlato d’altro per mesi. Altre intendono occuparsi del loro futuro quando saranno chiarite le prossime tappe”.

spioncini
Dentro la montagna, dietro questi due spioncini nella porta d’ingesso, si celano nuovi rischi di esplosione.

Allora nessuno informò sul rischio che si correva. “Mi sembra però il minimo che si doveva fare”, afferma un arrabbiato Kallen. Le autorità non si sono mai scusate con Kallen, che nonostante tutto è ancora fiero di aver vestito la divisa dell’esercito svizzero. In un documento datato 1986 si legge che “il rischio di esplosione è minimo”.

Allora si riteneva che “i collaboratori non corressero alcun pericolo”, scrive un portavoce del Dipartimento federale della difesa, interpellato da noi a seguito delle affermazioni di Kallen. Oggi, l’accesso al deposito è chiuso da un imponente cancello di ferro, sorvegliato da un addetto alla sicurezza di una ditta privata e da un sistema di allarme. La richiesta di entrare nel tunnel ci viene negata per motivi di sicurezza.

Uomo

Karl Steiner, 63, postino

“Non c’è nulla di sicuro”, dice Karl Steiner, 63enne presidente del gruppo di interesse Mitholz, associazione che riunisce gli abitanti del villaggio. Steiner ci ricorda che le autorità non hanno ancora informato in maniera dettagliata sull’evacuazione del villaggio. Il postino parla come un fiume in piena di slavine e di esondazioni in primavera, catastrofi naturali con cui da decenni sono confrontati gli abitanti di Mitholz. Ricorda il progetto gigantesco della NEAT, la trasversale ferroviaria alpina, che ora transita su parte dei suoi terreni, venduti alle autorità negli anni Novanta.

“Non c’è nulla di sicuro”

Ma tutto ciò non è paragonabile all’evacuazione del villaggio. Le case rimarranno vuote, gli orti verranno invasi dalle erbacce, le stalle saranno abbandonate. “Non puoi certo trasferiti da un’altra parte con la tua mandria di mucche”, dice Steiner. Nessuno sa quale destino spetterà ai contadini e ai loro animali. Anche lui dovrà magari abbandonare il suo hobby di apicoltore e i suoi 12 popoli di api. La madre di Steiner ha vissuto di persona la tragedia e ciò che è successo negli ultimi tempi l’ha profondamente sconvolta. Lui le augura solo un po’ di tranquillità. Tra vent’anni, quando gli abitanti di Mitholz potranno ritornare alle loro case, Steiner avrà la sua età. “Io, magari, partirò per sempre. Spero solo che i miei figli vogliano riportare un po’ di vita nella casa di famiglia”.

Fintanto che non si ha alcuna risposta all’interrogativo principale, è importante che il gruppo di interesse parli, negozi e faccia domande con una voce sola. Il gruppo di interesse sembra sia riuscito a unire gli abitanti del villaggio visto che tutti si trovano nella stessa barca. L’evacuazione ha saldato i rapporti sociali nel villaggio, paese che presto non esisterà più.

Uomo

Werner Loat, 67, conduttore di macchine escavatrici in pensione

“Una volta c’erano diversi ristoranti, due negozi! Mamma, quando è stato chiuso l’ultimo?”, chiede Werner Loat alla moglia Alice, seduta accanto a lui. “Saranno trascorsi almeno 15 anni”, risponde lo stesso Loat. Quando è esploso il deposito, a Mitholz c’era ancora un supermercato. “Mia madre lavorava lì. Senza quella tragedia, magari il villaggio sarebbe più popolato”.

Fuori, chiusi nel recinto, i loro due cani si fanno notare abbaiando. Il loro latrato non disturba nessuno. Infatti, i Loat vivono ai margini del paese, nei pressi del Blausee. Loat racconta che inizialmente la sua casa si trovava fuori dalla zona di evacuazione. Solo dopo una seconda valutazione è stato loro comunicato che dovevano andarsene anche loro.

Werner Loat ha sempre vissuto qui. “Non ho mai voluto andarmene da qui”, racconta il pensionato che ha svolto il suo apprendistato nel vicino paese di Kandersteg. Per 49 anni ha lavorato per la stessa ditta. Suo padre è morto quasi 50 anni fa in un incidente di caccia. È rimasto nella casa dei genitori per amore della madre e per aiutarla con le capre e le pecore. Dopo aver sposato Alice ha ristrutturato da solo la casa. Preferirebbe restare e si chiede perché le autorità non mandano via tutti per una settimana e poi “fanno saltare tutto in aria”. Stando al Dipartimento federale della difesa un’esplosione controllata non risolverebbe il problema. Infatti, buona parte delle munizioni non salterebbe in aria e un gran numero giacerebbe inesplosa nella valle.

Oltre all’esplosione controllata, Loat fa altre proposte per risolvere il problema. Tuttavia, non ce l’ha con le autorità. “Se me ne devo andare, beh, allora me ne vado. Cosa vuoi che faccia qui?”, si chiede Loat. E lo dice sapendo che lascerà per sempre la casa ristrutturata con le sue mani. Si augura soltanto che sua figlia vi faccia ritorno.

Ritratto di donna

Heidi Schmid, 37, impiegata comunale

Heidi Schmid ha ancora tutta la vita davanti e anche lei non si lascia prendere dal panico. Quando ci avviciniamo alla casa degli Schmid, i figli ci salutano venendoci incontro. Indossano le magliette acquistate durante le ultime vacanze in Sudamerica. Entrati in casa notiamo una bandiera della Scozia appesa nell’atrio. Nel villaggio rurale di Mitholz, questa apertura sul mondo è quasi una nota stonata. Altri abitanti hanno trascorso la loro vita senza lasciare la valle. I figli degli Schmid sono già stati in Cile. Heidi Schmid ci dice che lei e il marito hanno una passione per i viaggi. «Ma le nostre radici sono qui», ricorda l’impiegata comunale.

Cielo autunnale sopra le montagne della valle della Kander, dirimpetto al deposito di munizioni.

Vivono nella casa dei genitori. L’hanno ristrutturata dieci anni fa, anche se il colore chiaro del legno sembra indicare un recente restauro. La casetta in giardino, invece, non è stata ultimata. “E non la finiremo certo nei prossimi anni”, dice Schmid. “Non sappiamo cosa ci riservi il futuro”.

Come tutti gli Schmid devono fare i conti con il passato, senza sapere dove li condurrà il futuro.

“I nostri progetti vengono dettati da altri e abbiamo valutato varie opzioni: rimanere nella regione o trasferirci altrove”, spiega la donna. Altrove significava da un’altra parte in Svizzera oppure emigrare, magari per un anno. Ma gli Schmid hanno deciso altrimenti. Tra non molto, i figli frequenteranno la scuola dell’infanzia. Per questo motivo, la famiglia ha ritenuto che non era il momento di lanciarsi in un’avventura. “Ci piacerebbe ritrovare una situazione analoga a quella che viviamo qui”.

dipinto murale
Murale dipinto dagli scolari di Mitholz nel sottopassaggio della strada principale nel 1999. Nessuno allora pensava a un’evacuazione.

Il marito di Heidi Schmid ha radici familiari e professionali a Mitholz. Lei lavora nel vicino villaggio di Frutigen, dov’è cresciuta. Come tutti nel villaggio nell’Oberland bernese, anche gli Schmid vorrebbero fermare il tempo per non andare via. Ma sanno che ciò non è possibile. Come tutti devono fare i conti con il passato, senza sapere bene dove li condurrà il futuro.

Il Dipartimento federale della difesa ci ha comunicato a metà settembre che i passi futuri saranno discussi nelle prossime settimane con gli abitanti di Mitholz affinché sia possibile dare inizio alle “prime ispezioni delle singole case”.

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