The Swiss voice in the world since 1935

I risvolti politici degli studi sulla storia dell’Europa orientale

gente sdraiata a prendere il sole davanti a un edificio distrutto
Sebastopoli in Crimea nel maggio 1944, la guerra è finita. Questa foto ha per titolo: 'La vita continua". Akg-Images / Voller Ernst / Chaldej

Dall'inizio della guerra di aggressione russa in Ucraina, la storia dell'Europa orientale si ritrova al centro dell'attenzione. Fin dalle sue origini, la disciplina è stata del resto costantemente esposta agli influssi della congiuntura politica. L'analisi di Fabian Baumann, storico dell'Europa orientale.

Quando anni fa in Svizzera dicevo di essere uno storico dell’Europa orientale, le reazioni erano per lo più tiepide. Se lo dico oggi, invece, l’interesse è assicurato. Nella maggior parte dei casi, il discorso scivola rapidamente sulla guerra in Ucraina.

A oltre tre anni dal suo inizio, la guerra rimane molto presente nei media. Le storiche e gli storici dell’Europa orientale intervengono regolarmente nel dibattito. Eppure, molte persone sono ancora sorprese dell’esistenza di questa disciplina apparentemente esotica.

La storia dell’Europa orientale si distingue nel panorama universitario dei Paesi di lingua tedesca in quanto disciplina che si occupa di una particolare area geografica e dispone di cattedre e istituti propri.

Anche la storia dell’Europa occidentale, meridionale o settentrionale è oggetto di ricerca e insegnamento, ma raramente è istituzionalizzata. La posizione peculiare della storia dell’Europa orientale si può spiegare in ottica storica. La disciplina è stata influenzata più di altre dall’attualità politica e lo è tuttora.

Sguardo politico verso est

Le origini della storia dell’Europa orientale come disciplina scientifica risalgono a oltre cento anni fa. Da un lato, già nel XIX secolo esisteva una tradizione di ricerca universitaria sulle lingue e le culture slave, che spesso includeva anche aspetti storici. In Svizzera una delle ricercatrici attive in questo ambito era Elsa Mahler, che nel 1938 è diventata la prima donna professore all’Università di Basilea.

D’altra parte, all’inizio del XX secolo vari storici tedeschi e austriaci si sono affermati come esperti della Russia e dell’Europa orientale. Alcuni di loro avevano l’intenzione esplicita di mediare tra la Germania e la Russia. Altri invece erano vicini al nazionalismo tedesco e praticavano una “Ostforschung” di stampo etno-nazionalista, propagando la tesi – storicamente insostenibile – secondo cui nell’Europa orientale i tedeschi, in quanto “portatori di cultura”, avrebbero dominato da sempre gli slavi, ritenuti “inferiori”.

Altri sviluppi
Opinione

Altri sviluppi

Elezioni mondiali

I due volti della polarizzazione – uno sguardo all’Europa orientale

Questo contenuto è stato pubblicato al Nei Paesi dell’Europa orientale la polarizzazione dipende spesso dai legami criminali di uno schieramento politico più che da fattori ideologici, dice Daniel Bochsler.

Di più I due volti della polarizzazione – uno sguardo all’Europa orientale

Non sorprende perciò che in Germania molti storici dell’Europa orientale abbiano aderito al nazionalsocialismo. Dopo la Seconda guerra mondiale, in Germania sono sorte nuove cattedre di storia dell’Europa orientale. Le idee nazionaliste tedesche continuavano a svolgervi un ruolo importante, arruolandosi ora sotto le bandiere dell’anticomunismo.

A Berna nello stesso periodo è stata fondata la Osteuropabibliothek (Biblioteca svizzera sull’Europa orientale), nata nel clima della Guerra fredda come progetto privato di ambienti anticomunisti, oggi una delle risorse più importanti per la ricerca sull’Europa orientale in Svizzera.

Anche negli Stati Uniti, negli anni successivi al 1945, la ricerca sull’Europa dell’est era all’insegna del motto “conosci il tuo nemico!”. Tra le figure di spicco c’erano molti emigranti anticomunisti provenienti dall’Europa orientale, quali per esempio Richard Pipes, originario della Polonia e professore a Harvard.

Pipes, insieme ad altri, ha dato forma alla cosiddetta “scuola del totalitarismo”, il cui interesse era rivolto principalmente alla nascita del sistema sovietico. Gli storici di quella generazione avevano spesso una conoscenza sorprendente dei dettagli e hanno scritto studi di grande valore, ma la loro ipotesi che lo Stato sovietico avesse il controllo quasi totale sulla popolazione era alla lunga limitante.

La fine dell’Unione Sovietica nella ricerca

La situazione è cambiata negli anni Settanta, quando storiche e storici più giovani, tendenzialmente di sinistra, hanno cominciato ad avere accesso agli archivi sovietici. L’australiana Sheila Fitzpatrick è stata una delle pioniere di questa generazione “revisionista”. Nei suoi studi di storia sociale ha dimostrato che, nonostante la violenza estrema, lo stalinismo è stato in realtà un veicolo di ascesa sociale per determinati gruppi della popolazione.

La storiografia revisionista rifletteva la politica di distensione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Alla luce del miglioramento delle relazioni tra le due superpotenze, era logico sottolineare anche da un punto di vista storico che gli abitanti dell’Unione Sovietica non erano semplicemente sudditi senza volto, ma erano soggetti in grado di agire politicamente.

Allo stesso tempo, con la perestrojka è cresciuta lentamente la volontà di andare oltre il nucleo russo dell’Unione Sovietica. Un importante pioniere in questo campo è stato lo svizzero Andreas Kappeler, che dal 1982 ha insegnato a Colonia e successivamente a Vienna. Kappeler ha condotto inizialmente ricerche sui piccoli popoli di lingua turca e finlandese della regione del Volga, prima di presentare nel 1992 uno studio innovativo sulla “Russia come impero multietnico”.

Michail Gorbaciov in mezzo ad abitanti di un kolchoz
Il segretario generale del Comitato centrale del Partico comunista dell’Unione Sovietica Michail Gorbaciov durante un incontro con lavoratori e lavoratrici del kolchoz K. Marx in Uzbekistan, nel 1988. Ria Novosti

Le sue ricerche hanno contribuito ad ancorare nella disciplina la consapevolezza che l’impero zarista e l’Unione Sovietica erano multietnici tanto quanto gli imperi coloniali degli Stati dell’Europa occidentale. Inoltre, Kappeler è stato uno dei primi a riconoscere, dopo la fine dell’Unione Sovietica, la necessità di occuparsi della storia dell’Ucraina, ormai lo Stato più esteso in Europa. Insieme ai suoi dottorandi, dopo il 2014 ha gettato le basi per lo sviluppo di un’ampia ricerca in lingua tedesca sull’Ucraina.

Nonostante i tagli ai finanziamenti dovuti a motivi politici – l’interesse per la Russia come avversario geopolitico si era affievolito – gli anni Novanta e Duemila sono stati per molti versi un periodo fecondo per la storia dell’Europa orientale. Da un lato, le storiche e gli storici occidentali hanno improvvisamente avuto ampio accesso agli archivi dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa orientale. Dall’altro, le storiche e gli storici degli ex Stati comunisti sono entrati in contatto con le idee e le prospettive occidentali.

La diversificazione di una disciplina

È vero che alcuni ex storici di corte comunisti, ribaltando i connotati della loro narrazione ideologica, si sono riciclati con facilità dedicandosi alla stesura di cronache nazionalistiche. Tuttavia, nel complesso, l’apertura reciproca tra est e ovest ha dato vita a molti studi eccellenti. Nella stessa Russia, almeno nel dibattito intellettuale, sembrava che il cammino verso la democratizzazione fosse aperto. In quegli anni molti ricercatori occidentali si sono dedicati di conseguenza alla storia della società civile e dell’opinione pubblica.

Retrospettivamente, si può dire che alcuni di loro sono stati forse troppo ottimisti nelle loro valutazioni sulle possibilità di riforma, in particolare dello Stato russo.

Altri sviluppi

Dibattito
Moderato da: Ying Zhang

Stanno emergendo nuove alleanze politiche ed economiche: quali strategie dovrebbero seguire i piccoli Paesi come la Svizzera?

Le dinamiche dei blocchi di potere internazionali sono più imprevedibili che mai. Controllarle è diventato più complesso.

2 Mi piace
7 Commenti
Visualizza la discussione

Nell’Europa dell’est – e quindi anche nella storia dell’Europa orientale – questa fase di ottimismo si è conclusa con l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. Poco dopo l’annessione, lo storico tedesco dell’Europa orientale Karl Schlögel, con toni autocritici, ha postulato un riorientamento della disciplina. L’attenzione andava spostata dalla Russia ai Paesi che nel corso della loro storia hanno sofferto sotto l’imperialismo russo.

Negli anni successivi sono nati anche in Svizzera nuovi centri di studio che si occupano in particolare della storia dell’Ucraina, come il programmaCollegamento esterno “Ukrainian Research in Switzerland” dell’Università di Basilea. Nelle università di lingua tedesca, la lingua ucraina si insegna sempre più spesso.

Dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, le storiche e gli storici dell’Europa orientale discutono ancora più intensamente del proprio lavoro. Sebbene quasi nessuno contesti la natura criminale della guerra di Putin, c’è disaccordo sull’orientamento della disciplina. La domanda rimane la stessa: la storia dell’Europa orientale è ancora troppo russo-centrica, nonostante l’apertura degli ultimi decenni? Dopotutto, fino a poco tempo fa, molti lavori si basavano principalmente sugli archivi di Stato russi e su fonti in lingua russa.

Storiche come Botakoz Kassymbekova dell’Università di Zurigo e Franziska Davies dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco chiedono una svolta postcoloniale nella disciplina, che tratti l’imperialismo russo e sovietico in modo altrettanto critico quanto quello occidentale e che tenga maggiormente conto delle prospettive delle popolazioni dominate.

Come ogni storiografia, anche la storia dell’Europa orientale ha sempre una connotazione politica ed è influenzata in modo particolarmente diretto dai dibattiti politici attuali. Tuttavia, il rapporto tra politica e scienza è complesso. Gli sviluppi all’interno di una disciplina dipendono da molti fattori: dall’accessibilità degli archivi, dai conflitti geopolitici, dalle esperienze formative delle singole generazioni di ricercatori.

Alla luce dei conflitti politici e militari nella regione, i dibattiti tra le storiche e gli storici dell’Europa orientale promettono di rimanere vivaci.

A cura di Benjamin von Wyl

Traduzione di Andrea Tognina

Altri sviluppi
La nostra newsletter sulla politica estera

Altri sviluppi

Affari esteri

La nostra newsletter sulla politica estera

La Svizzera in un mondo in rapido movimento. Accompagnateci per osservare gli ultimi sviluppi della politica estera, grazie alla nostra newsletter.

Di più La nostra newsletter sulla politica estera

Articoli più popolari

I più discussi

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR