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Sharaa alla corte di Trump per diventare alleato USA

Keystone-SDA

La Casa Bianca apre le porte ad un ex qaedista per trovare una sponda nella lotta contro l'Isis, ma anche con il probabile obiettivo di accelerare il processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e i Paesi vicini, in chiave di contenimento dell'Iran.

(Keystone-ATS) La visita di Ahmad Sharaa a Washington in programma domani, la prima nella storia di un leader siriano nello Studio Ovale, per gli analisti regionali segna una svolta negli equilibri in Medio Oriente a favore degli Stati Uniti e dello Stato ebraico. Sharaa, ex comandante jihadista sostenuto dalla Turchia e dai paesi arabi del Golfo, un anno fa aveva dato la spallata definitiva al regime degli Assad, dissoltosi lo scorso dicembre dopo oltre mezzo secolo di potere dinastico e dopo più di 14 anni di guerra intestina e regionale.

La visita di Sharaa arriva all’indomani della sua rimozione dalla lista nera americana del terrorismo, a seguito della decisione, giovedì scorso, del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di revocare le sanzioni contro di lui. Il leader siriano, che nei mesi scorsi si è autoproclamato presidente e che ha di fatto accentrato su di sé i poteri dello Stato, è accompagnato nel suo secondo viaggio negli Stati Uniti compiuto in pochi mesi, dal ministro degli esteri, Assad Shaybani. Da più parti indicato come il vero architetto della politica del nuovo corso siriano.

Proprio Shaybani ha pubblicato un video di propaganda in cui lui stesso e Sharaa giocano a basket nella capitale statunitense assieme al comandante delle forze statunitensi in Medio Oriente, Brad Cooper, e al capo della coalizione internazionale anti-jihadista, Kevin Lambert. Un filmato fortemente legato a quello che viene definito l’obiettivo formale dell’incontro tra il presidente Donald Trump e Sharaa alla Casa Bianca: annunciare l’inclusione del governo di Damasco nella Coalizione globale anti-Isis. In questo senso va letta la notizia, prontamente diffusa dai media di Damasco, secondo cui nell’arco di poche ore le nuove forze di sicurezza siriane – composte in larga parte da miliziani qaedisti solo pochi mesi fa definiti “terroristi” dagli Stati Uniti – hanno condotto 61 raid e hanno arrestato 71 persone nell’ambito di una “campagna per neutralizzare la minaccia” dello Stato islamico.

Alla vigilia della visita di Sharaa negli Stati Uniti, si sono inoltre diffuse notizie – smentite per ora dal governo siriano – secondo cui le truppe americane, dispiegate da anni nel nord-est della Siria per “combattere l’Isis”, intendono espandere la loro presenza proprio nell’area della capitale Damasco, a due passi da dove stazionano, da dicembre scorso, le truppe di occupazione israeliane.

L’incontro alla Casa Bianca, affermano osservatori locali, potrebbe anche servire a rilanciare il “processo di normalizzazione” regionale tra Israele e i paesi come Siria e Libano, a lungo nell’orbita iraniana. Secondo queste letture, dietro la retorica ufficiale della “lotta all’Isis”, si potrebbe delineare un piano che mira a consolidare la presenza degli USA nella Siria post-Assad e a costruire un sistema di alleanze capace di contenere l’influenza iraniana.

“Questo processo rischia di consolidare un sistema di controllo esterno sulla Siria, favorendo una frammentazione de facto del Paese in aree d’influenza”, ha detto Samir Aita, analista siriano citato dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani. “La nuova Damasco, sostenuta da Washington e Ankara, potrebbe diventare un centro amministrativo debole, circondato da regioni autonome o militarmente controllate da potenze straniere”, ha aggiunto.

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